giovedì 13 settembre 2018

Un signore vestito buffo entra in una libreria famosa...

Un signore vestito strano entra in una libreria. Famosa.
Ed inizia a parlare da solo col proprio telefono.

Anzi: da solo, ma a una platea immaginaria, che lo segue ovunque va.
Detto così sembra una roba da pazzi.

Ah: il signore è un tizio famoso, assomiglia un po' a Roger Moore ed un po' a Danny De Vito.





Purtroppo, non è una barzelletta.
Il tizio della storiella, racconta ai suoi improvvisati accoliti delle cose, in linea di massima chiamiamole "libere interpretazioni della realtà": un po' come quella gente che si laurea alla scuola della vita, o che, essendo entrata tante volte in un posto ed avendo sentito molta gente parlarne, si reputa espertissima della materia. Tanto da confutare le affermazioni di chi quelle cose le fa per lavoro.

Ci sono perciò dei punti da chiarire.
VA fatto perché lasciare in giro inconfutate affermazioni fantasiose è pericoloso: magari qualcuno si fida e ci crede.

Non sono un autore, non mi permetto di dire a chi disegna che la prospettiva è sballata, o che le chine fanno schifo; non mi occupo di lettering o colorazione, o traduzione: non ricordo di aver mai pontificato o emesso sentenze in materia.

Ma sono un libraio a fumetti: da quasi venti anni.

E so, ad esempio, che le librerie - ho il vizio di visitare TUTTE le edicole e le librerie che mi capitano a tiro, sempre e comunque - non espongono bene i fumetti. Hanno, nel novanta per cento dei casi, un angolo con pochi (rispetto a quello che esce) albi affastellati, senza una divisione organica e un esposizione accattivante: non sono efficaci nel venderli.
Certo: se visiti la GRANDE libreria della GRANDISSIMA catena nell'IMMENSA CITTA', o se scovi il libraio appassionato, magari trovi un bel negozio da visitare; se sei nato con la camicia, addirittura consigli intelligenti e ha una notevole capacità di procurar titoli non presenti. Ma comunque NON vedrai mai l'assortimento di una fumetteria neanche bella, ma MEDIA.
E questo accade giustamente: perché i fumetti non sono una voce importante nel business di una libreria media!
Ma, rispetto alla suddetta libreria, mi vengono in mente svariate fumetterie con molti, ma molti più fumetti. E faccio questo discorso, è vero, da titolare di una di queste ultime, ma che in vita sua ha visto molte, ma molte più edicole e librerie che fumetterie.

E perché? Perché queste ultime sono in netta minoranza!
Pensate, le fumetterie sono duecentocinquanta circa.
Le librerie oltre quattromila, sapevo, anche se ho letto che contando le cartolibrerie arrivano a settemila. Le edicole circa ventottomila.
E, pensate: se con tutta questa crisi, con edicole e librerie che chiudono, e le fumetterie che - tra aperture e fallimenti - rimangono stabili, e pur se poche, riescono a tenere botta "contro" la concorrenza delle altre... quanto lavorano bene duecentrotrenta entità, senza reso, senza promozione, senza null'altro che le proprie forze, in confronto a ventottomila edicole e settemila librerie?

Certo, se sei il signor Grande Editore e Distributore (avevo fatto nomi prima?) è facile che nella tua libreria di punta, nella capitale economica del paese, tu abbia uno spazio fumetti che è il top del top. Ospiti i migliori autori, hai il reso.
E io mi chiedo: perché non ci dai i tuoi dati di vendita e li confrontiamo con la migliore fumetteria italiana, una Comic House a Sarzana qualunque, che non ha gli autori che tu hai, non ha il reso e tutte le agevolazioni della varia?

Magari una GRANDE (diciamolo sempre) libreria ti impressiona, certo, con dieci, venti copie dello stesso volume. Un tavolo con duecento copie, si, ma di dieci titoli diversi e basta.
Una fumetteria, nello stesso spazio, mette quattrocento titoli diversi. Tutti in copia singola.
Ma al cliente che entra per scegliere, cosa serve? La "pila" (mi ricorda un post di sei anni fa!!) non serve al lettore, che prende UNA copia... Poi, certo: se per riassortire distributore ed editore ci mettono un mese, beh forse il problema non sono le fumetterie, ma la DISTRIBUZIONE in questo settore. Che in parte è la stessa della varia, giova dirlo, ma con regole diverse.

Ah. Poi il reso, il famigerato reso.
Non è un premio o un dono, non va a fatturato o a bravura. Le librerie - a fronte di sconti leggermente più bassi, ma non sempre - rispetto alle fumetterie, hanno però la possibilità - in linea di massima - di rendere quello che vogliono quando vogliono.  Significa questo: dare indietro merce per avere soldi, niente di meno.
Ovviamente, non soldi "reali", ma note credito da scalare dagli acquisti fatti.
Quindi... effettivamente, soldi veri, che valgono come quelli che hai sul tuo conto corrente, per pagare appunto i fornitori!

Le fumetterie no: non hanno il reso.
Specifichiamo: sicuramente alcuni negozi lo hanno; in particolari occasioni si può concordare; qualche editore può concederlo tramite una determinata rete di vendita. Ma è vero, sacrosanto e inconfutabile che la varia ha il reso come regola; la libreria specializzata - SE lo ha - come favore ed in modo estemporaneo, a discrezione di chi lo fa. E-sono-entrambe-librerie.
La differenza tra una Mondadori, una Feltrinelli, la cartolibreria sotto casa ed Antani Comics è... nessuna: sono lo stesso tipo di negozio. Poi, il secondo è specializzato in fumetti, il primo no.
Ma se fai una visura alla camera di commercio, non troverai mai "fumetteria"...

Per confutare quanto detto qui sopra, servono nomi.
Non basta fare un post social nei cui commenti dici che conosci editori che ci hanno provato o "sai che". Parli del nulla: se sai, fai i nomi.
Sennò sei solo una voce che non è serena e tantomeno equilibrata. Il sottoscritto, i miei colleghi: nessuno si lamenta tanto per, cerchiamo ogni giorno di costruire una realtà lavorativa migliore. Siamo gli unici in questo settore a farlo, singolarmente e come associati. Non lo fanno gli editori, che sono i primi a non volere il reso; i distributori, che lavorano spesso con metodi e tecniche di dieci o venti anni fa. Non lo fanno gli autori, che non alzano la voce contro chi da o potrebbe dar loro lavoro, e spesso non conoscono neanche le regole del mercato del quale non si rendono ancora conto di essere i veri protagonisti...

E servirebbero dati anche per dire che il fumetto vende più in varia che in fumetteria: ad oggi, confronti numerici non ne ho visti: solo chiacchiere. Se fai una affermazione, devi poi sostenerla coi numeri.

La verità è che il settore fumetto non è in crisi: si legge sempre di meno, forse, ma chi lo fa spende molto più che in passato. Ed è facile visti i prezzi che hanno i fumetti oggi.
Per cui editori e grosse catene hanno fiutato l'affare e stanno provando - giustamente - a entrare nel settore. Come? Col grande distributore, che cattura esclusive su esclusive non perché lavora bene, ma perché da lauti anticipi a piccole realtà sempre affamate di soldi. O con editori che entrano sul mercato, prendendo autori di grido - sempre a fronte di lauti esborsi - per lanciare nuove etichette.
Poi, alla lunga, questi investimenti dovranno fruttare: altrimenti, queste realtà partiranno per investire in nuovi lidi.


Ma magari, sbaglio. Non sarebbe la prima volta.
Il perché è semplice: non sono sereno quando parlo di cose che mi stanno a cuore. Sono polemico, ci tengo a puntualizzare quanto ritengo giusto. Ma sempre con la massima onestà e concretezza.
E allora non me ne vogliano i miei tre lettori e due interlocutori, siano essi occasionali avventori imbattutisi nella mia umile bottega, o Mostri Sacri, anime pure, improvvidamente sopraffatte dalla magnificenza di una GRANDE libreria e avide di una spiegazione che non mi sono sentito di negare.

2 commenti:

  1. Qui nella grande città di Roma l'unica libreria di varia che abbia un assortimento paragonabile ad una fumetteria è Borri alla stazione termini, che però difetta di un'esposizione decente e di personale preparato.
    La famigerate Feltrinelli da questo punto di vista sono imbarazzanti. Un paio di espositori e commessi che non sono in grado di trovarti un volume neanche quando il loro computer gli dice che ce l'hanno e dove si trova (true story, alla fine lo dovetti ordinare online).
    Il video del signore vestito buffo, che curiosamente lavora per una casa editrice che ancora più curiosamente ha lo stesso nome di una grande catena di librerie, sa tanto di marchetta, ma sai com'è a pensar male si fa peccato...

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