sabato 30 dicembre 2017

Chi paga il conto?

Il debito pubblico italiano ammonta ad oltre duemila miliardi.
Esiste, semplificando molto, perché ad un certo punto, la politica a cominciato a spendere e spandere, senza curarsi di esso, "usando" questo strumento per creare benessere. Per sé (sia come singoli che come formazioni), e per gli altri.

Il motto era durante l'epoca d'oro della DC (partito, non editore) "purché si mangi tutti".
Ed è ovvio: se "mangiamo" tutti, se tutti abbiamo "di più", nessuno è scontento.

Solo che, anche in economia, nulla si crea e nulla si distrugge.

Non può essere vero che "tutti mangiano". Mangeranno i più. O i più forti. O i più furbi.
Qualcuno deve prendersi la fregatura.
In concreto, nell'esempio di cui sopra, chi si è accollato il conto a ristorante, sono state le generazioni successive, che lavano ancora i piatti, e ne laveranno molti. Noi e i nostri figli.

Piccola allegoria, per parlare di Amazon.

"Cosa c'entra", dirà ora il mio polemico lettore?
C'entra, perché Amazon è una realtà stupenda, il miglior venditore del mondo.
Prezzi ottimi - più bassi di quello che ti fanno gli stessi venditori al di fuori di Amazon - e spedizioni veloci ed economiche, quando non gratuite.

Ma chi lo paga, il conto di Amazon & Co?


Chi vede realmente bene?
Un aneddoto.
Delle domande.
Alcuni fatti.
Una teoria.

Anno: 2016. Ma potrebbe anche essere 2017, per quel che conta.
Settimana di Natale, in pieno bailamme natalizio, ricevo un ordine fatto tramite Amazon.
Un libro Tunue. Pagato con spedizione per il corriere.
Da trecento metri dal mio negozio.
Consegnato il giorno dopo, a mano.
Chi lo ha comprato non sapeva, non si è reso conto - e credo non abbia mai capito - che lo stava acquistando a pochi metri dal suo naso. Quindi, non lo ha fatto per sconti, motivi particolari o ignoranza, solo per comodità.

Seconda parte.
Perché si compra online?
Generalmente, si dice: per lo sconto; perché non si ha un punto vendita vicino; perché si tratta di qualcosa che non si trova nei negozi della propria zona.

Alcuni fatti.
Per il quarto anno consecutivo, Antani Comics ha fatto più spedizioni rispetto al precedente. E non parliamo di un 2-3%, ma di (svariate) decine di punti percentuali.
Non ho la presunzione, quasi mai, di dire che i miei dati sono rilevanti: sono solo un negozio di provincia. Ma, quando lavori bene online, ci investi, e cresci... arrivando a decuplicare le spedizioni che facevi cinque anni prima, qualcosa puoi dirla.
E, posso affermare, rispondendo alle tre motivazioni sugli acquisti, con le statistiche di decine di migliaia di vendite alla mano (fino a qualche tempo fa le raccoglievo in una tabella), che la maggior parte delle vendite la faccio in grandi città, o comunque città dove ci sono fumetterie e/o librerie; e che quasi tutto quello che si vende, non è il libro introvabile dell'editore sconosciuto, ma materiale commerciale, come manga, volumi appena usciti, supereroi.
E che, soprattutto: il 90-95% delle vendite che faccio online è SENZA ALCUNO SCONTO.
SENZA.
ALCUNO.
SCONTO.

Cosa significa questo?

Uno dei mali di questo settore - a mio parere - sono i nostri fornitori - editori/produttori e distributori - che fanno concorrenza ai negozi. Concorrenza sleale, o quantomeno scorretta, quando possono offrire ai lettori edizioni limitate non disponibili nelle librerie, o novità in anteprima; ancor di più quando ci sono anche uno sconto e/o spese di spedizione gratuite.

Tutti motivano lo sconto con una sorta di compensazione con le spese di spedizione, ed affermano come non possa essere concorrenza per le fumetterie: chi compra online lo fa perché non ha un negozio vicino, e quindi editore e distributore offrono solo un servizio.

In realtà, tutto questo non è vero, e non penso di fare una grande scoperta: l'obiettivo non quello di offrire un servizio, quanto quello di far cassa. Perché il cliente non ha bisogno dell'aiuto di un editore, ha Amazon, ha le fumetterie online, che offrono un bel servizio e non sono "monoprodotto". Invece è vero che molti acquirenti comprano online per gli sconti: che spesso non sono sostenibili per i negozi, ma che sono alla portata degli editori e produttori, che hanno margini tripli.

Tutto questo va su un conto, che qualcuno prima o poi dovrà pagare.
Scommettiamo?

2 commenti:

  1. Proprio in questi giorni (ma non è la prima volta) ho visto affrontare la "questione Amazon" (c'entrava Amazon perché erano in discussione le sue specifiche politiche, dopo la rottura con l'editore e/o, ma il discorso può estendersi) su un "forum" che frequento. Non è peraltro la prima volta comunque.
    La tesi sostenuta dalla stragrande maggioranza dei partecipanti, ridotta in soldoni, può essere riassunta così "Sì, probabilmente Amazon ha dei comportamenti opachi sul mercato; sì, magari i suoi dipendenti possono non stare benissimo; ma come cliente lo trovo insuperabile a servizio, per cui non tocca a me preoccuparmi di queste cose".

    Il conto da pagare ci sarà sicuramente. E' che siamo tutti convinti che non toccherà mai a noi. E finché è così, ci prendiamo il lusso di fregarcene.

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