martedì 25 marzo 2014

Diario di Fiume (Gipi a Terni)

Grazie all'aiuto di alcuni amici, in questi giorni che precedono la "calata" di Gipi a Terni, ci serviamo di alcuni amici per recensirne alcune opere.

Iniziamo con Diario di Fiume, che ci viene raccontato da Gianfranco Loriga, proprietario di Loriga Fumetti di Cagliari, e storico primo presidente dell'Afui, Associazione Italiana Fumetterie.




Diario di fiume è una raccolta di dodici piccoli esempi della grande capacità affabulatoria di Gianni Pacinotti in arte Gipi e rappresenta allo stesso tempo una specie di catalogo della sua poetica.
Tra questi i racconti 'I due funghi', 'Il genio', 'Io, te, il demonio e la magia nera', 'Una storia sulla merda' insieme a quello che dà il titolo alla raccolta, pescano dal grande serbatoio dei contraddittori ricordi giovanili: le piccole sconfitte, le credulità, le bravate, tutto quello che acquisisce man mano fulgore con l'avanzare dell'età e che caratterizza i temi delle opere più famose e riuscite dell'autore pisano.


Con 'Il pugile', 'La ragazza di plastica' e 'Appuntamento a Venezia' abbiamo invece tre momenti di pura fiction, densa sì di echi autobiografici ma narrativamente autonoma e capace di generare genuino sense of wonder nel lettore mentre 'Dramma marocchino' rappresenta in modo esemplare la via di Gipi al graphic journalism: pochi, sapienti tratti che dispiegano in modo emozionante la semplice ed inevitabile verità delle umane sofferenze.

Infine 'Il cacciatore di cuori', 'La ragazza volpe' e 'Puzzola' sono tre istantanee, le prime due di figure inesistenti, la terza di una persona vera ma a suo modo irreale per gli altri.


Quello che diventa chiaro al lettore alla fine dell'antologia, sia che Gipi rammenti attimi della propria giovinezza sia che riporti voci interiori altrui, è che la sua capacità di coinvolgere ed interessare a partire da dettagli minimi o persino triviali è certamente quella del narratore di razza, colui che ti può far appassionare a storie e ritratti anche frammentari o monchi.  Non a caso in più di un'occasione, leggendo queste storie, ho ritrovato lo stupore provato di fronte a certi passaggi particolarmente ispirati del grande Andrea Pazienza, quelli del Paz più lirico, più intimo ed intenso, quello degli improvvisi ed inaspettati cambi di registro, delle brusche virate dal poetico al grottesco. Infine (ma forse l'autore dissentirebbe) nonostante l'incompiutezza o l'inevitabile ingenuità di alcuni di questi momenti narrativi, perché legati ai suoi esordi, resta ben visibile al lettore la cifra a mio avviso più emblematica della poetica 'gipiana': il candore di un artista disilluso ma mai cinico o amaro, capace di cogliere la bellezza nei frammenti.

Gianfranco Loriga

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