giovedì 9 agosto 2018

Dylan Dog: Profondo Nero, una recensione accompagnata da altri ragionamenti

A fine luglio (tenetelo presente, tornerà utile dopo) è uscito il numero 383 di Dylan Dog, Profondo Nero, albo che sotto una cover con effetto metallizzato, presenta uno storico contributo di Dario Argento all'Indagatore dell'Incubo.

Non sono mai stato un fan del personaggio, pur avendone lette molte storie; non mi piace particolarmente il disegnatore di questo albo, Corrado Roi, né sono un reale estimatore del Dario Argento regista: per cui mi trovo nell'invidiabile posizione di poter fare una recensione super partes (e con un titolo lunghissimo), o no?


Argento scrive il soggetto e lo co-sceneggia con Stefano Piani, che ricordo come (bravo) scrittore di Nathan Never.

E qui faccio una seconda ma doverosa premessa: sono un vorace lettore di fumetti Bonelli, diventato quasi "ex", visto che non leggo più di una cinquantina di albi annuali dell'editore milanese, soprattutto di serie nuove, visto che penso che tutti i personaggi storici abbiano ormai detto quanto potevano, e spesso si arrabattino per cercare - inutilmente - di mantenere alto un interesse che scema. Questo perché trenta anni fa c'erano venti fumetti da leggere ed altre due o tre cose da fare, mentre oggi ce ne sono due o trecento (numeri a caso!), di albi mensili, e cinquanta di attività alternative, spesso più interessanti.

Per fare un esempio: sto recuperando Mister No, che tra l'altro ha parecchie storie scritti da un ottimo Sclavi, ed è lampante quanto sia di rottura e rappresenti una interessante novità una serie il cui protagonista sia un "poco di buono", che campa facendo l'avventuriero, ed abbia come unico obiettivo quello di alzare abbastanza soldi per passare il tempo coi suoi amici a bere al bar. Poi, certo: antieroe, ricco di ideali, ma anche di quelli che va avanti coi pugni, per poi prendere colossali "suonate" e, talvolta, passare anche dalla parte del torto!

Ecco: le serie Bonelli storiche, oggi come oggi, non riescono ancora a rinnovarsi nel linguaggio, in gran parte anche da un punto di vista dell'impostazione grafica, e nelle proposte: per questo spesso, sono esclusivo appannaggio dei lettori fidelizzati, che lentamente perdono mese dopo mese.

Dylan Dog, in parte, fa eccezione col rilancio iniziato ufficialmente circa quattro anni fa, che ho seguito più da un punto di vista commerciale che narrativo (ripeto: il personaggio non mi piace), e questo albo ne è un lampante esempio.
Prendi il regista horror più famoso del cinema italiano, e lo trasporti a scrivere una icona pop, che nasce come fumetto horror e credo sia la serie di questo genere più longeva della storia del fumetto: gli affianchi un esperto sceneggiatore e una matita di primo piano. Ci metti davanti una cover favolosa come solo Gigi Cavenago sa fare, magari pure un effetto speciale che piace tanto ai collezionisti, ed il gioco è fatto.

E l'albo è riuscito perfettamente: i disegni di Roi ben rendono l'aria "pesante" di una trama ambientata nel mondo del bondage e sadomasochismo, temi non semplicemente sfiorati, mentre la storia scorre liscia e tiene il lettore inchiodato verso un finale non così banale.
Lettura veloce, forse un po' più difficoltosa nella parte centrale, ma che risulta piacevole e molto molto classica, per chi ha assaporato il Dylan Dog di Sclavi (esiste qualcuno che non lo ha mai letto?).

Addirittura - e credo sia una delle parti più difficili da realizzare - diverse battute interessanti di Groucho, cosa che non capita sempre.


Non mi aspettavo molto, ma devo dire di essere rimasto abbastanza coinvolto e stupito da questo albo.

Pecca notevole, invece, come dicevo ad inizio post, la data di uscita: fine luglio in edicola, un mese dopo in fumetteria. Da alcuni anni, Bonelli ha dato il via a un nuovo progetto distributivo, iniziando a fornire i propri albi anche alle librerie, oltre a realizzare una linea apposita per questo mercato fatta quasi esclusivamente di ristampe: da questo interessante progetto, purtroppo, sono ancora escluse poche serie, ma essenzialmente quelle storiche, come Dylan Dog e Tex.

Le motivazioni, da quel che so, sono legate alla volontà dell'editore di non far pesare alle edicole la concorrenza delle fumetterie: cosa che, vista la crisi pesante e notevole delle prime, e la crescente crisi di vendita dei fumetti in quel canale, francamente ormai mi pare antistorica ed incomprensibile. 

Un altro colosso, Disney, ormai da anni ha riversato nelle fumetterie tutte le pubblicazioni da edicola, iniziando anche una attività promozionale e di ristampe ad hoc, che hanno invaso le librerie con notevole successo di pubblico e vendite.

Possibile che, ancora oggi, ci sia questo gap da colmare, e che un libraio specializzato in fumetti debba dire ai propri clienti che un evento come Dario Argento che scrive Dylan Dog, in un era in cui tutto va visto, comprato e letto prima di subito, è per ora solo in edicola ("ma poi tra un mese lo trovi da noi")?

Il tempo passa, ma come apparso chiaro l'anno scorso per l'evento Dylan Dog (sempre lui!) vs Dampyr, la capacità di fare promozione non può fermarsi al creare un evento: il prodotto devi essere in grado di metterlo in mano al cliente!

E, mai come in fumetteria, puoi trovare un pubblico ricettivo per questo genere di iniziative.
Disney - e non solo! - insegna.

2 commenti:

  1. Bravo Francesco, sottoscrivo in pieno. Magari qualcuno in bonelli desse una lettura ad articoli come questo...

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  2. A proposito. L'iniziativa delle strisce di Zagor, che era destinata esclusivamente a voi e che è stata presentata ad un pubblico che le fumetterie a malapena sapeva che esistessero, come l'avete percepita? Avete avuto dei riscontri e vi sentite di sostenerla?

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