domenica 15 aprile 2012

La crisi del fumetto: dalla produzione alla distribuzione



Mi sono imbattuto, leggendo come faccio tutti i giorni l'ottimo blog dell'amico Stefano Perullo, in due post davvero interessanti. Cito due brani che toccano la "crisi del fumetto" da punti di vista diversi, ma necessari per capire degli aspetti fondamentali.
Consiglio di leggere entrambi i post linkati in modo integrale, perché sono indispensabili per entrare nel problema.
Ah... il tutto interessa solo se si è appassionati di fumetto o addetti ai lavori, ovvio.
Ma... in caso contrario... cosa fate su questo blog?

Il primo post è dello scrittore Mark Waid, il secondo dello scrittore ed editor Beau Smith.

Mark Waid:
Altre cattive notizie: di queste a voler essere benevoli duemila fumetterie, una alta percentuale non ordinerà il vostro fumetto. Per fare gli ordini usano la top100 mensile della Diamond e raramente si spingono a ordinare i fumetti che si piazzano al di sotto della cinquantesima posizione. Questo non li rende cattivi, ma sono necessariamente oculati -- comprano all'ingrosso dalla Diamond con uno sconto forse del 45% se sono negozi piccoli o del 53% se sono negozi con più vetrine, e tutto quello che ordinano non può essere reso, così non hanno molta voglia di assumersi rischi su materiale non testato. Non ho numeri concreti che possano provarlo, ma posso supporre in maniera abbastanza educata che Incorruptibile, la meno venduta delle mie serie mensili, fosse distribuita in 500 fumetterie in tutto il mondo. E, come capita a molti dei fumetti stampati su carta, in meno negozi tutti i mesi.

La situazione è molto simile a quella in cui ci troviamo in Italia.
Non c'è un distributore unico, ma comunque ce ne è uno che è molto più grande degli altri e detta legge. Oltretutto, rispetto al mercato americano, le fumetterie italiane hanno anche 15-20 punti di sconto in meno e, ovviamente di reso o altre amenità non si parla.
Forse il pubblico è un po' più maturo e variegato di quello USA, ma sto semplificando molto.
La situazione è abbastanza grave: i problemi di distribuzione esistono, ci sono molti che se ne fregano e pochi che continuamente rompono le scatole. I primi, o sono interessati a mantenere lo status quo, perché mors tua vita mea -magari non sarà un mondo ideale, ma funziona: perché cambiare?- oppure perché sono troppo ignoranti ed abituati a seguire la corrente per farlo. Pensiamoci: quanti negozianti conoscete che hanno un blog in cui hanno il coraggio (si: talvolta anche il coraggio! Più spesso l'incoscienza, la voglia di cazzeggiare, ma ci vuole anche una dose di coraggio a denunciare DA DENTRO le cose che non vanno) di dire quello che pensano? E su quante fumetterie IN TOTALE? Del resto il problema è quello che solleva anche l'amico Max sul suo blog... c'è l'Associazione Fumetterie, e i negozianti pensano che abbia la bacchetta magica, che sia in grado di agire a prescindere da quello che possono fare i singoli soci.
E' l'ignoranza, l'ignavia di coloro
che mai non fur vivi, ma che fanno il numero.
Sai: quelli che se dici piove, governo ladro, oppure si stava meglio quando si stava peggio, non possono fare a meno di guardarti come se fossi Mosé che ha appena detto alle acque del Nilo di aprirsi. E, come ha detto un anonimo, "se cercate un colpevole non c'è che da guardarsi allo specchio".
Ma colpe a parte, è necessario guardare oltre per uscirne vivi.

Beau Smith:
Gli editori oggi, molti, non tutti, continuano a vedere i loro fumetti come se voi foste ancora lettori/collezionisti. Continuano a provare e vendere fumetti come se voi doveste vivere in eterno e sareste sempre interessati a leggere la stessa storia. Continuano a vendere i loro albi come se fossero una forma di intrattenimento economica, ma con un prezzo di copertina fissato a 3,99 $ di certo non lo sono. Gli editori continuano a ignorare quasi completamente i lettori più giovani e le lettrici di tutte le età.
Durante tutti gli anni che ho trascorso lavorando nel marketing, non ho mai visto una industria così distante dai propri consumatori. Questo isolamento è stato costruito e continua a essere perseguito a causa di una mentalità molto radicata in tutti coloro che da appassionati si sono trasformati in professionisti e che continuano a credere che i lettori abbiano le loro stesse idee di quando erano ancora lettori. Alle convention adesso si trovano dall'altro lato del tavolo e l'ultima cosa che desiderano è trovarsi di fronte, in mezzo ai lettori e appassionati. Vogliono i vostri soldi e i vostri consensi, ma dopo cinque minuti al tavolo o on-line desiderano che voi ve ne andiate in modo da avere più tempo per ridacchiare e prendersi di gioco di voi con i loro pari che si siedono al loro stesso lato del tavolo. Credetemi, ci sono davvero poche persone tra gli autori di fumetti o sul versante editoriale che abbiano davvero mai letto fumetti. Si immergono completamente nel loro lavoro e forse danno un'occhiata a quello di qualche amico, ma se non per rubare qualche trucco ad un disegnatore, non leggono quasi per nulla fumetti. Duro a sentirsi, ma credetemi, è la verità.

Gli autori di fumetti, in generale, leggono poco. Alcuni per niente.
Soprattutto: non sanno come vengono distribuiti i loro lavori.
Sia chiaro che non sto dando colpe o responsabilità: ognuno sceglie come vivere e poi fa i conti con la propria coscienza, ad ogni livello. Voglio, però, testimoniare quanto ho visto alle fiere cui ho participato o organizzato, e quello che ho sentito dire dagli autori che ho ospitato in negozio.
Negli ultimi tempi si è parlato molto di diritto d'autore e dei diritti degli autori. Da Lucca 2010 in poi, ci sono stati dibattiti, convegni, discussioni sui siti e sui forum. Accuse, polemiche, proposte.
Il tutto è sacrosanto, e la materia va conosciuta e regolamentata.
Ma il Titanic affonda: prima di pensare di abolire la terza classe, o proporre di avere una paga più alta, bisogna vedere se si può tenere la barca a galla, o se ci sono scialuppe a sufficienza. In soldoni: se i fumetti non vendono, i soldi non ci sono per tutti.
Il sistema è vecchio di oltre venti anni, va riformato.
Non parlo di reso, o solo di quello: parlo di promozione, pubblicità, investimenti.
Il post che cito qui sopra, indica la necessità di un ricambio generazionale: i ragazzi interessati ai fumetti ci sono, solo che leggono poco e si fermano a pochi titoli, spesso smettendo quando finiscono la serie.
Vanno invogliati, spinti a provare. E' compito delle fumetterie farlo? Forse.
Ma è compito di tutto il sistema quello di convogliare le forse, ad iniziare dagli editori.
Se il sistema è sano e produce ricchezza per tutti, gli editori possono fare pubblicità e promozione; le fumetterie possono investire in arredamenti, locandine e volantini, siti decenti.
Il segreto è avere la forza di spendere, perché magari sanno che c'è il reso, e non devono prendere copie contate, rischiando di finirle ed aspettare eoni prima di averne delle altre, dopo che l'attimo fuggente per venderle è svanito. Avere la possibilità di crescere.
Ma se le fumetterie non hanno questa forza, se gli editori grandi non possono permettersi -banale esempio- un controllo qualità (avete notato quanti errori sugli albi Panini o Lion, negli ultimi mesi?), che ha un costo risibile rispetto a quello di ristampe e ridistribuzioni, come possiamo pretendere investimenti in pubblicità?

I mali sono evidenti: vogliamo iniziare la ricerca di una cura?

4 commenti:

  1. quello che dice smith è pura verità. Il problema per i giovani, me ne accorgo sempre più spesso parlando con gli amici, è che i fumetti costano molto, la volontà di leggerli ci sarebbe ma spesso bisogna seguire solo un paio di testate perchè una decina di euro al mese per i fumetti sono già una bella spesa quando hai 15/16 anni, per non parlare se si devono comprare volumi o albi più costosi. Le pubblicazioni sono numerose e variegate, è vero, ma è difficile provarne di nuove quando i soldi non ti bastano nemmeno per leggere quelle 3 o 4 che ti ispirano davvero.

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  2. diciamo che in parte è vero, in parte no.
    è vero che i prezzi sono alti, è anche vero che spesso non si sanno fare scelte...

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  3. fare scelte è difficile, ti posso fare l esempio di un amico che per seguire la nuova serie dei vendicatori ha dovuto lasciarne altre, se il tuo badget è tot e hai delle serie che vuoi continuare perchè ti piacciono ti resta poco da spendere per fare nuove scelte e provare nuovi prodotti

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  4. non parlo solo di scegliere i fumetti...
    quando avevo 15 anni, proporzionalmente i prezzi erano gli stessi, ed io rinunciavo ad altre cose.
    non credo che i prezzi siano aumentati negli ultimi 10-15 anni, quanto negli anni '80.
    in italia, ovvio.
    l'aumento proporzionale tra l'80 ed il '90 è maggiore di molto a quello tra il '90 ed il 2000...

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