venerdì 3 febbraio 2012

Chi guarda i Guardiani?



Una libera traduzione...

Leggo sul blog di Recchioni, sempre interessante, un bel post riguardo il sequel di Watchmen.
Per chi non sapesse di cosa si parla, rinvio a questo ottimo approfondimento.
Se la DC ha i diritti dell'opera, perché è così ingiusto che li usi per farne un sequel?
Tanto... non sarebbe comunque "Watchmen". Potrà essere più (difficile) o meno bello, potrà rispettare o meno l'opera originale: ma non sarà mai "Watchmen". Come "Il Cavaliere Oscuro colpisce ancora" non è l'opera originale, come "L'anima del Cacciatore" non è "L'ultima caccia di Kraven", o il secondo ciclo di Lippi sulla panchina della Juve, per quanto vincente, non avrebbe mai eguagliato il primo. Perché? Perché al di là della qualità, la memoria migliora ed addolcisce sempre i ricordi: nessuno stava bene a 16-17 anni, eppure tutti, una volta superati gli "enta" o gli "anta" vorremmo tornarci.
Ma lo "stile americano" dei fumetti, è questo: quando c'è un successo, si cerca sempre di bissare. E di solito si replica in quello che conta: il successo commerciale.
Il resto è fuffa: quello che vende vale.

Ed è proprio questo che rende il fumetto americano unico: l'aderire totalmente all'istanza commerciale: se vendi, continui, sennò ti sospendono la serie. Se disegni velocemente, non importa che tu sia bravo, perché mi rispetti le scadenze. Altrimenti sei fuori, a meno che tu non sia una superstar.
E, facendo confronti tra mercati, come il buon Recchioni in un altro interessante post, è vero che Giappone e Francia ci battono nettamente. E battono anche gli USA, che sono un mercato in crisi, di vendite e di idee, ma ancora vivo e capace di regalare emozioni.
Eppure, proprio nel successo e nella forza culturale del "proprio" fumetto, sta il limite del mercato francese, le cui produzioni vengono esportate solo in parte e con scarso successo. Sulla bontà del modello, niente da dire: una capillare diffusione delle librerie, che ricordiamolo hanno un "sindacato" molto forte e, ovviamente, il reso, accompagnata da una importante professionalità degli editori (che non lo fanno come terzo lavoro, che non ti mandano gli albi con tre mesi di ritardo...), fanno sì che il sistema sia maturo, valido ed efficace. Ma la qualità? Beh... il fumetto italiano, pur non sfornando tanti capolavori, non è da meno. Idem quello USA, forse mediamente più scarso, ma con un'alta percentuale di opere imperdibili (nella top ten dei fumetti più belli di tutti i tempi, non mettete ALMENO cinque fumetti USA?), e comunque con un sistema di vendite ben organizzato.
Cosa potremmo fare?
Se dobbiamo prendere l'esempio dai mercati stranieri, cercare di rafforzare il canale librario e delle fumetterie, con promozioni, introducendo un reso anche parziale. Da parte degli editori, smettendo di fare concorrenza con le vendite online o piegando i calendari delle uscite alle date delle fiere, per saltare uno scalino della filiera e vendere direttamente al pubblico. Facendo promozione. Dialogando con autori, venditori, con chi i fumetti li fa e li fa vendere.
Fare tutto ciò per lavoro, non per hobby o come occupazione secondaria.

Altrimenti, un giorno ci sveglieremo come la spaventata ragazza qui sotto, scoprendo i che i nostri desideri non sono poi così belli da veder realizzati, in realtà...

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