venerdì 12 giugno 2015

Abbasso i Cinecomics!


di Fabio Volino

Sì, a volte succede. Mi fermo a riflettere su certe cose frivole. Poiché spesso, anche se non lo vuoi, ti ritrovi sullo schermo del computer dichiarazioni perentorie del tipo:"Ah, i troppi film sui supereroi hanno rovinato il fumetto, che si è piegato alle esigenze cinematografiche!". Insomma, a richieste di marketing volte a rendere un prodotto (dunque anche un personaggio o un universo narrativo) potenzialmente più interessante. E queste esigenze cancellerebbero anni e anni di sviluppo dei personaggi, ne rovinerebbero l'essenza e... oh, insomma, ci siamo capiti. Ebbene sì, a volte mi fermo a riflettere su simili questioni... per quei due o tre secondi in cui la mia mente li trova interessanti prima di capire altro non è che la storia che si ripete. Sempre e in maniera ciclica.

Esigenze di marketing, di appetibilità di un personaggio, dicevamo. E da quando ho smesso di partecipare a simili discussioni (più che altro non ricordo di avervi mai partecipato), mi viene spontaneo pensare:"Ma queste esigenze ci sono sempre state". Mascherate magari da un Excelsior! O da un "Ehi, true believer, non crederai ai tuoi occhi!". Però, sì, sono sempre state presenti a mio parere. E dunque, quando quella frase perentoria ritorna e si prolifica fino a uscire dalle fottute pareti, davanti ai miei occhi compaiono come per magia le cover di Avengers 4 della Marvel e Showcase 4 della DC Comics.


Avete letto tutti Avengers 4, immagino, la storia dove Capitan America fa il suo trionfale ritorno nell'era moderna dopo essere rimasto ibernato per decenni. Una storia carina, ben disegnata, anche se vista con gli occhi di oggi un po' ingenua... ma ehi, era la Silver Age! Il punto però non è dare un giudizio a una storia del 1964. Capitan America, Steve Rogers, esordì come personaggio nel 1940: uno dei primi eroi della futura Marvel allora nota come Timely. Per dieci anni fu protagonista di una serie a lui dedicata, comparendo al contempo su altre serie dell'epoca. E siccome il nemico di allora era il nazismo, Cap già dalla cover del numero 1 della sua testata si preoccupò di sferrare un bel pugno direttamente in faccia a Hitler. Finita la guerra, la serie continuò nello scenario post-bellico. Nel 1950 i fumetti di supereroi Timely sostanzialmente scomparirono, ma Capitan America ritornò ancora una volta nel 1953, stavolta per suonarle ai nuovi nemici, i comunisti! Tempo un anno e scomparve ancora. Per dieci anni appunto, fino ad Avengers 4.

Ora qual è il punto? Il punto è che voi sapete bene che Steve Rogers - e anche Bucky, il quale condivise la sua avventura editoriale sino alla fine - non visse mai l'era del dopoguerra in quanto rimase vittima nel 1945 di una esplosione di un aereo sperimentale, precipitando nei ghiacci dell'Artico. "Ma quanto la fai tragica!" dirà qualcuno "Lo sanno tutti che Capitan America è rimasto in attività fino al 1954, anche se sono stati altri a indossarne il costume". Peccato però che tutto ciò sia stato oggetto di numerose riscritture degli anni, decenni successivi. Per i lettori di allora Capitan America era sempre stato un uomo di nome Steve Rogers.

Torniamo dunque a quel 1964. Anche se il comunismo rappresenta ancora un pericolo agli occhi della società americana, i tempi stanno cambiando: futuri movimenti di rivolta stanno già fomentando e lotte civili per le minoranze sono già cominciate, il tutto in uno stato che si è ormai lasciato alle spalle il secondo conflitto mondiale (che sopravvive solo nei ricordi di chi l'ha vissuto) e sta per entrare in un’era dominata dall'urbanizzazione e dalla tecnologia. Tempi di certo diversi da quelli del dopoguerra, ma anche da quelli degli anni '50 e della caccia alle streghe. E quindi l'idea di Stan Lee e Jack Kirby fu riprendere il personaggio di Capitan America calandolo in questo nuovo contesto, per lui del tutto alieno, dopo 20 anni di esilio dal mondo civilizzato. Un'idea geniale per l'epoca, se ci pensate. Perché fare questo? Ma che domande, per rendere il personaggio potenzialmente più interessante, appetibile per i nuovi lettori cercando al contempo di stuzzicare i vecchi affezionati (dove l'ho già sentita questa?). Per vendere un prodotto, insomma, adeguandolo alle esigenze di quell'epoca storica e culturale. E cercando sempre e comunque di costruire una buona storia e rendere reale un personaggio attraverso la sua caratterizzazione.

Pensateci bene, in un colpo solo con quell'albo venne detto:"Sì, le storie di Capitan America e Bucky che sono state ambientate tra il 1946 e il 1954 non sono mai avvenute, mai esistite. Bucky è morto nel 1945, il resto è come se fosse stato un sogno. Avete comprato quegli albi? Peggio per voi". Roba che al confronto One More Day è rispettosa della continuity. E a questa cancellazione di eventi, è bene sottolinearlo, contribuì chi quel personaggio lo aveva creato. Pensate se fosse esistito Internet all'epoca, le critiche inferocite dei vecchi lettori (presunti affezionati) che si sarebbero scagliati contro Lee e Kirby. Solo più avanti Roy Thomas, Steve Englehart e Ed Brubaker hanno ripreso e attualizzato quelle storie Golden Age per renderle... inutile ripetersi.

Ma la DC Comics fece ancora di meglio. Torniamo ancora un po' indietro, al 1956. Il fumetto supereroistico era in crisi nera a causa di una crociata moralista portata avanti da uno psicologo e dal Congresso Americano, ormai sopravvivevano solo le serie di Superman, Batman e Wonder Woman. Ma un uomo non si diede per vinto: il suo nome era Julius Schwartz. Lui era certo che i supereroi, se contestualizzati in una nuova epoca lontana dagli stilemi della Golden Age, potessero ancora catturare una grossa fetta di pubblico. Per placare i suoi entusiasmi, la DC Comics lo dirottò su una testata antologica, Showcase, che pubblicava storie di pompieri e dove dunque non avrebbe fatto troppi danni. Grazie all'apporto di Robert Kanigher e Carmine Infantino, Schwartz ideò il Flash della Silver Age, Barry Allen. E, come si suol dire, il resto è storia.


C'è tuttavia un piccolo dettaglio da sottolineare: esisteva già un Flash prima, Jay Garrick, le cui avventure erano state pubblicate fino al 1949. E in Showcase 4 subito, in apertura, venne detto che quelle storie altro non erano che fumetti, avventure immaginarie lette da Barry Allen. In un colpo solo cancellati gli eventi di ben 104 albi, come se non fossero mai avvenuti o comunque da non tenerne conto. Roba che al confronto Crisi Sulle Terre Infinite ha salvato tutta la continuity DC degli ultimi 50 anni. Jay Garrick rappresentava un modello vecchio di supereroe, serviva sangue fresco e un nuovo personaggio, un nuovo velocista. Che fece da apripista ad altri epigoni (Lanterna Verde, Atom) mutuati dalla Golden Age. Solo qualche anno più tardi, grazie all'apporto di Gardner Fox, si intuì che anche i personaggi della Golden Age potevano ancora dire la loro, ma solo se calati in questo nuovo contesto e rivisitati. E così venne fatto: provate a confrontare il Jay Garrick della Golden Age con quello della Silver Age e vi accorgerete che sono due personaggi del tutto diversi. Eppure ci sono state buone storie, oggi come allora.


Quindi qual è la conclusione? Che dobbiamo subire in modo passivo tutti i cambiamenti dei nostri personaggi preferiti, alcuni dei quali (inutile negarlo) dettati dall'ufficio marketing o dall'esigenza di adeguarsi al modello cinematografico/televisivo, oggi più preponderanti rispetto al passato? Certo che no. Così come è sbagliato anche l'atteggiamento opposto: celebrare questi cambiamenti a prescindere, come se rappresentassero la salvezza del fumetto americano, mondiale, universale. La banale, banalissima conclusione è che questi cambiamenti vanno criticati e/o celebrati all'atto pratico, ovvero dopo la lettura delle storie. "Ma non ho bisogno di leggere la storia per capire che è una cretinata/idea geniale" dirà qualcuno. Forse questo qualcuno, spinto da questa forte convinzione, avrebbe criticato/incensato preventivamente anche Avengers 4 e Showcase 4. E poi si sa, gridare allo scandalo o celebrare un trionfo prima che si concretizzi, in questo paese fa sempre scalpore, anche e soprattutto se riferito al fumetto. Che dovrebbe essere una lettura distensiva.

4 commenti:

  1. Una riflessione decisamente intelligente! Non con lo stesso esempio, ma è una cosa che sostengo pure io. Vorrei solo aggiungere, che le persone che si lamentano troppo di queste cose, hanno la memoria corta.
    Quando Phil Coulson venne introdotto nella continuità a fumetti, tutti si lamentarono perché gridarono appunto al marketing e tutte le minchiate varie. Però, al contempo, tutti si erano praticamente dimenticati che un personaggio molto amato aveva subito lo stesso destino anni e anni prima: Harley Quinn, introdotta nella serie animata anni '90 di Batman.

    Eppure questo non se lo ricorda nessuno, oppure molti lo ignorano.

    RispondiElimina
  2. Condivido in pieno ciò che dice Fabio.
    Lo trovo illuminante perché ti fa capire quanto l'attributo di bellezza sia per molti frutto della limitatezza del proprio punto di vista e del contesto storico.
    Negli anni '60 i comics erano intrattenimento usa e getta e il nerd non esisteva neppure,ovvero non esisteva quella fascia di consumatori dell'intrattenimento che fossero coinvolti dallo sviluppo futuro delle serie stesse al punto da dibatterne seriamente con tanto di sfoggio di competenze!

    La cosa che più mi piace di quello che scrive è proprio l'invito a cambiare,anche continuamente,il proprio punto di vista.
    Questa cosa,che credo richieda comunque esperienza, flessibilità mentale e,a volte,coraggio,potrebbe portare tutti a valutare in maniera più obiettiva la qualità di quello che leggiamo (e non solo); anche perché mi piace pensare che almeno una fetta di noi lettori (che ormai imbiancano i capelli) senta il dovere di avviare, nel modo migliore e più onesto possibile, le nuove generazioni verso la lettura del medium che amiamo, che ci ha accompagnato nella crescita e al quale forse qualcosa dobbiamo insegnando loro quantomeno a distinguere lo sterco dal cioccolato.
    Ma ciò è impossibile se ognuno di noi resta arroccato sul proprio punto di vista.

    Sia nella vita che nella finzione l'attaccamento,a volte morboso,allo status quo è il segno della profonda insicurezza e noi nerd (parlo per me,eh!) non brilliamo particolarmente in quanto a sicurezza personale; forse proprio per questo, complice anche l'età, ci ancoriamo a quelle certezze che si sono radicate in noi da ragazzi.

    Mi ricordo un Comicon a Napoli di una decina d'anni fa in cui litigai con un tizio il quale,allo stand Panini,sventolava nervosamente un volume di Alias (serie Marvel MAX ritenuta magistrale da persone molto più autorevoli di me) chiedendo ad un addetto vendite di primo pelo,con tono agitato e sprezzante: “Ma spiegami ‘na cosa, ‘sta robba mica è in continuity?”; io gli risposi: “Ma l’hai almeno letto?” e lui “Ma sei pazzo!?! Guarda che se è fuori continuity io i soldi non li butto!".Seguì una breve ma molto accesa discussione in cui cercavo di spiegare al frustrato (dalla continuity) che non tutte le Opere d’Arte sono opere seriali e che anzi la maggior parte di esse sono belle nonostante l'Artista le abbia create ignorando il concetto di continuity.

    Purtroppo credo che oggi il problema non sia l'attaccamento o meno alla continuity, bensì la mancanza, a livello comics USA, di prodotti di livello qualitativo elevato.
    Vuoi perché forse in passato abbiamo goduto troppo, grazie alla massiccia ondata di Puro Genio (vari Moore, Ellis, Miller, Morrison, Ennis, Gaiman) che ha positivamente influenzato la produzione USA contemporanea e successiva (si pensi a Bendis, Millar, Straczynski, Vaughan, Brubaker, Wood) vuoi perché oggi i creativi dotati di idee innovative preferiscono accedere ad industrie maggiormente remunerative quali la TV e il Cinema, che finalmente e solo negli ultimi anni si sono aperte agli stili, ai contenuti e al lessico che prima era appannaggio esclusivo dei fumetti.

    In poche parole i comics, che prima erano l’Avanguardia delle Idee (si pensi solo alla Vertigo o alla Wildstorm degli esordi) oggi troppo spesso ne sono le retrovie.

    Dunque: liberiamoci dalla gabbia di ‘sta benedetta continuity e facciamolo pure a cuore leggero, purché però sia per dar corpo a idee strepitose, storie meravigliose e nuove prospettive poiché credo che, quando i fumetti eccellono,molti di noi (a parte il tipo del Comicon) se ne fregano ampiamente se questi siano o meno in continuity.
    Lasciamola stare se invece dobbiamo contorcerla rendendola ancora più ostica e pesante solo per scimmiottare e conformare l’immagine a quella del medium che vende di più.
    Peggio ancora è se, in mancanza di buone idee, vorremmo a piacimento svincolarci e legarci a essa,perché incapaci di creare qualcosa di realmente nuovo e,come spesso accade ultimamente,solamente per poter sbattere ogni anno il fatidico “Numero 1” in copertina.

    RispondiElimina
  3. Bell'articolo. E ti direi che sono d'accordo con te su tutta la linea. Ma... sì, c'è un grosso "Ma". Il Ma di Marvel :P

    Specifico che io sono sempre quella che, pur seguendo il fumetto-mondo, non legge praticamente supereroi, ecc. Perciò non ho osservazioni pregnanti da fare se il costumino di personaggio X cambia per assomigliare a quello del telefilm, o se una certa continuity va un po' a spasso a favore di storyarc più compatibili con le letture cinematografiche (aka manovre di marketing per attirare un pubblico più vasto, che, come si è fatto notare, ci sono sempre state).

    Pur sposando, quindi, in linea di massima quanto esposto da Fabio Volino, dico però che non riesco a non considerare sbagliate a priori certe manovre fatte dagli editori a fini esclusivamente di opportunità economica.
    Mi riferisco, in particolare, a quanto sta accadendo in Marvel con I Fantastici Quattro e gli X-men. Personaggi che per decenni sono stati le colonne portanti dell'editore, e che ora si è deciso di sabotare (letteralmente) solo perché i loro diritti cinematografici non appartengono più alla casa madre, ma sono stati ceduti alla Fox che, con la costruzione di un Marvel Universe anche filmico, è ora un concorrente sgradito.

    Quindi ecco testate che chiudono (F4), passati di certi personaggi riscritti a-sfavore-di-Fox (Quicksilver e Scarlet Witch), ipertrofia di certi brand a scapito di altri che, fino a poco fa, invadevano il mercato in ogni declinazione (Avenger e Inumani vs. X-men), ecc. E' notizia recente che la Marvel stia letteralmente cancellando (sì, con Photoshop) personaggi legati a F4 e X-men dal proprio merchandising recente, di fatto 'falsificando' vecchie copertine e illustrazioni sui nuovi prodotti.

    Ecco, con tutto il beneficio d'inventario che si possa voler concedere, con tutto lo spirito illuminato che si voglia mettere insieme per non giudicare certe manovre a priori... personalmente vedere che un editore 'disintegra', snatura e rinnega i propri personaggi-cardine solo per fare dispetto a un concorrente, mi sembra la cosa più ipocrita, senz'anima, ingrata e parac*la che possa fare. E non c'è ragionamento da 'Però il marketing ha sempre diretto le scelte artistiche' che tenga, in questo caso :-\

    RispondiElimina
  4. Secondo me si guardano solo alcuni aspetti del problema.
    Verissimo quanto detto, il fatto è che all'epoca tali "escamotage" erano limitati al massimo, e legati in gran parte al recupero di un personaggio storico appartenente all'editore.
    Più corretto l'esempio di Harley Quinn che però mi permetto di dire senza peli sulla lingua personaggio 100 volte più interessante di una banalissimo agente segreto dello shield come se ne sono visti (pari o superiori) a decine nella storia della Marvel.

    Tornado al punto, ripeto negli ultimi decenni queste mosse di marketing sono
    1) cresciute a dismusura
    2) di una banalità al cui confronto le storie della Silver Age sembrano delle chicche di scrittura

    L'editore è liberissimo di fare quel che vuole, ma non vedo perchè il lettore non debba essere altrettanto libero di giudicare le mosse dell'editore, anche secondo il proprio personale punto di vista.


    Ma veramente vogliamo paragonare la rinascita di un personaggio come Flash che tra l'altro rappresenta l'inizio della Silver Age del fumetto (mica pizza e fichi) con la ridicola mossa marvel di togliere la paternità di Magneto ai due gemelli, cosa che non apporta 1 singola briciola ai presenti e futuri contenuti delle opere ?

    Una cosa è "stravolgere" (possibilmente sempre il meno possibile) per "migliorare" o anche solo "raccontare", altra cosa è farlo puramente per una questione di soldi.

    Si, la Marvel come tutti avrà badato ai soldi dal giorno della sua nascita ma per favore non facciamo di tutta l'erba un fascio.

    RispondiElimina