mercoledì 29 febbraio 2012

Editori Creativi #2: A chi li facciamo pagare i fallati? A chi li facciamo pagare?



Negli ultimi mesi, siamo stati testimoni di una serie di errori senza fine: Panini salta delle pagine di Soul Eater 17, Lion Comics "taglia" delle pagine di Transmetropolitan e Invisibles (mica gli ultimi arrivati, eh!). In tutto questo, encomiabile l'intenzione degli editori di voler ristampare e sostituire gratuitamente gli albi danneggiati: ma tutti questi orrori, ci portano inevitabilmente a porre delle domande, ed a fare delle riflessioni.
Domande:
-ma chi controlla gli albi, prima e dopo la stampa? "Who watches the watchmen", per dirla con altre parole? Certo, quando ci sono dei piccoli errori di lettering, o di traduzione, magari possono sfuggire; allo stesso tempo quando si rimontano tavole (vedi la prima puntata di "Editori Creativi") si tratta di scelte, magari assurde, ma sempre scelte. Ma intere pagine mancanti, o stampate male, o tagliate? Possono sfuggire? Possibile non ci sia nessuno che le legge prima di premere il tasto "invio" della stampante?
-L'alternativa è: l'errore è stato notato e conseguentemente... ignorato. Ma non ci credo e non penso sia logico farlo, se poi si propone una "sostituzione". Giusto?
-Anche la spiegazione fornita da Panini, secondo cui "purtroppo con l’aumentare della produzione mensile aumentano anche le probabilità di commettere degli errori", non regge. Parlando di Lion: è vero, è un editore giovane, che merita tutto il beneficio del dubbio, e che ha dimostrato grande predisposizione al dialogo col pubblico. Ma le attenuanti durano poco, e la partenza non è stata delle migliori. Quindi, la domanda è: come si possono evitare gli errori?
-Ultima: perché un negoziante deve sentirsi informare di queste cose dai clienti, che l'hanno visto su Facebook o letto sul forum di Comicus? O leggere una informativa dell'editore, che gli arriva alcuni giorni dopo del comunicato diretto ai clienti?

Finite le domande, una riflessione.
E' possibile che gli editori non abbiano consolidato, nel tempo, una prassi che permetta loro, quando decidono di sostituire un prodotto, di farlo in modo indolore per negozianti e pubblico?
Ad oggi, anche editori più esperti, come Panini Comics, non sono in grado di annunciare un fallato ed il relativo ritiro senza far sembrare le fumetterie come mere appendici del loro apparato, o senza addebitare un qualche costo.
Logica vorrebbe che si ristampasse l'intera tiratura, mandandola ai negozi, automaticamente e nelle stesse quantità di quanto già acquistato, pregandoli di effettuare la sostituzione, ed inviare il codice a barre o la copertina del fallato entro un termine lungo. E ringraziandoli per l'operato. In alternativa, l'editore può dare la contemporanea disponibilità a farlo in fiera.
Altrimenti, lo stesso editore può sobbarcarsi l'intero onere di una procedura che preveda l'invio da parte del cliente allo stesso produttore, che si farebbe carico di rispedire tutto al cliente finale: una follia.
Ma d'altronde: chi sbaglia, paga.
E' possibile che ancora non si sia trovato un metodo per farlo in modo indolore?
E' possibile che i negozianti si debbano sempre sentire come l'ultima ruota del carro, costretti a subire delle decisioni che sono SEMPRE comunicate prima ai clienti, poi a loro?


PS: il titolo del post mi è venuto in mente, pensando a questo...
Grande Willy...

domenica 26 febbraio 2012

Who Watches... NarniaFumetto?


Torniamo a parlare di Narnia Fumetto.
Prima dei "contenuti", che comunque inizieremo a proporvi nei prossimi giorni, un piccolo spoiler...

Dobbiamo commentare altro?
Non è finita qui, tranquilli...

giovedì 23 febbraio 2012

Telecom/BT Italia


La Telecom è la scelta migliore.
Andiamo sul sicuro, non rischiamo.
Lo dice uno che "lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine", eh!
E che, sopra tutto, quasi quanto le Poste Italiane, odia la Telecom.

La storia.
Cliente Telecom dal 2008.
Mi faccio convincere a passare a BT (British Telecom) per risparmiare un 30 euro a bimestre.
Mi sembrano seri.
Quasi due mesi per l'attivazione. Nei due mesi successivi, tre disguidi. Circa otto giorni lavorativi (nel complesso), senza internet. Senza telefono fisso. Senza pos (per bancomat e carte)!
Otto giorni divisi in tre momenti diversi.
Telecom: quattro anni, forse una mezza giornata di internet lento. Esageriamo: due mezze giornate.
BT: due mesi, tre problemi gravi.
Decido: li mollo.
Pensando: non passa giorno che Telecom, Vodafone, Wind, Infostrada, Teletù, Truppuppù, Teleminchia non chiamino per farmi "passare dalla loro"! Troverò un operatore.
Opto per Telecom.
Li chiamo. E NO! Il numero per la telefonia aziende, non è raggiungibile da rete fissa NON Telecom. Cellulare? No grazie.
Ok, me ne vado a casa, apposta per chiamarli (ho il fisso Telecom).
"Le faremo sapere in giornata". In giornata non mi fanno sapere.
Peccato: non arriva neanche la chiamata per dare il voto all'operatrice, che mi era stata garantita.
Stessa sera: richiamo, sempre da casa, e mi danno un altro numero.
Ma, ovviamente, da chiamare la mattina dopo. E non sanno niente di quello che mi ha detto la prima operatrice. Ovvio.
Mattina dopo "l'altro numero" mi garantisce che mi manderanno il contratto in giornata via mail. Faccio lo spelling "info-at-Ancona-Napoli-Taranto-Antani-Nola-Imola (un classico! Imola in realtà non esiste, si usa solo per lo spelling!) Napoli-Empoli-Torta punto IT".
In giornata, via mail, non arriva un bel niente.
Ah... e mi avevano garantito l'attivazione entro ben quaranta giorni...

Call center: ma dove siete, quando servite?

domenica 19 febbraio 2012

Quando Spider-Man era L'Uomo Ragno: La morte di JEAN DEWOLFF


Gli anni '80, da qualsiasi punto di vista, sono stati grandiosi.
Musica, cinema. E, ovviamente, fumetti.

La DC si rinnova e si apre a nuovi modi di narrare. Da Crisi sulle Terre Infinite, a Watchmen, passando per V for Vendetta e Swamp Thing, preludio all'etichetta per lettori "maturi", Vertigo. Ma sono anche gli anni di Batman: Year One, il rilancio post-crisi di Superman e Wonder Woman.
La Marvel, che all'inizio sta a guardare, purtroppo risponde con cose tipo Guerre Segrete e Contest of Champions (quest'ultima effettivamente uscita qualche anno prima), ma fortunatamente anche con cicli di storie molto interessanti: i Fantastici Quattro di John Byrne, che iniziano il loro cammino nel 1981, ma anche i Vendicatori di Stern-Buscema-Palmer, o l'Hulk di Peter David, per non parlare del Devil di Miller.
E, sia chiaro, questi sono solo i primi esempi che mi vengono in mente.

Dicevamo: Peter David, che il sottoscritto considera uno dei migliori scrittori di fumetti AL MONDO. Ironico, colto, mai banale, sempre pronto alla citazione o alla battuta tagliente; capace di farti ridere e poi commuovere nel giro di poche pagine, ha preso in mano serie alla frutta, come X-Factor, Hulk, o personaggi mai incisivi come Supergirl, realizzandone quelle che, storicamente, sono riconosciute come le versioni migliori di questi.
David, negli anni '80, collaborò con diverse serie ragnesche, sia per racconti autoconclusivi ("fill-in" come si diceva all'epoca, per le storie riempitive) che per celebri cicli. Così, poco prima de L'Ultima Caccia di Kraven di DeMatteis e Mc Leod, sull'Uomo Ragno, Peter David scrisse una delle migliori storie di tutti i tempi del personaggio: La Morte di Jean Dewolff.
Tra un paio di mesi, Panini Comics raccoglierà l'intera saga su un Marvel Gold: voglio approfittarne per parlarvene un po', senza fare spoiler.

Note tecniche: Panini, come al solito, non specifica quali storie pubbicherà sul volume. Un brutto vizio che, speriamo, con il rinnovarsi -che non dovrebbe essere solo grafico- di Anteprima, venga corretto, perché è giusto che i contenuti di un volume (come di qualsiasi albo) vengano conosciuti da chi dovrebbe prenotarlo, altrimenti è il concetto stesso di "prenotazione" ad essere messo in discussione. Comunque, la storia si dipana su quattro numeri di "Peter Parker, The Spectacular Spider-Man", dal 107 al 110 (pubblicati su L'Uomo Ragno Star Comics, serie ancora in corso con la stessa numerazione, 64/66), mentre il suo seguito vede la luce su "Spectacular Spider-Man" (stessa collana ma con un nome più corto) 134/136 (in Italia, L'Uomo Ragno 88). Quest'ultimo, tra l'altro, uno dei pochi sequel non inutili della storia del fumetto.
Entrambe le saghe sono scritte da Peter David; per i disegni, sulla prima troviamo il veterano Rick Bucker, mentre sulla seconda Sal Buscema.


La storia.
Il Capitano Jean Dewolff, storico comprimario, viene ucciso nel proprio appartamento.
L'Uomo Ragno, stimatissimo dalla poliziotta, che aveva aiutato in diversi casi, collabora con le indagini. Una sottotrama, riguardante un coinquilino di zia May, fa entrare pure Devil nel caso, sia nella sua identità supereroistica che in quella civile dell'avvocato Matt Murdock.
Il serial killer fa diverse vittime, e mette a rischio anche altri comprimari della prima ora.
La storia incalza, con ritmo, cambi di scena veloci e senza didascalie, una narrazione modernissima ancora venticinque anni dopo. Peter David lascia una scia di indizi, che porteranno i lettori più attenti a smaliziati a scoprire chi è il Mangiapeccati molto prima della fine. Degni di rilievo sono i dialoghi tra L'Uomo Ragno e Devil sul funzionamento del sistema giudiziario e sull'esistenza ed il ruolo dei vigilanti; tra l'altro, quest'ultimo appare poco prima del capolavoro Born Again. I due eroi, proprio su queste pagine costruiranno un forte legame, pur nelle reciproche diversità. Segnalo, inoltre, una scena di lotta tra il protagonista e il Mangiapeccati in mezzo alla folla, con il primo che evita dei proiettili, che uccideranno un passante.
Una curiosità: a questa saga è legatissima anche l'origine di Venom!
Il sequel è interessante perché pone attenzione alle motivazioni del Mangiapeccati, e ci fa riflettere sulle possibilità che ha un condannato di essere recuperato nella società.

Una storia da leggere e rileggere: per tutti quelli che hanno amato L'Ultima Caccia di Kraven, ma anche il cupo Devil di Miller e tutte le storie noir degli anni '80.

giovedì 16 febbraio 2012

Editori Creativi #1


Una nuova rubrica per il blog!
Scelte dubbie, comportamenti al limite dell'illogico: cosa fanno i nostri editori preferiti (o meno...) quando non sono impegnati a pianificare la conquista del mondo?
Va ora in onda la prima puntata di EDITORI CREATIVI... una rubrica che, prevedo, avrà taaaanto materiale...

La Panini pubblica, su I Vendicatori: La Leggenda nr. 10, una storia tratta dal secondo numero della collana USA I Am An Avenger; autori, Greg Rucka e Michael Lark.
Tra l'altro, il racconto ha vinto un premietto qualunque, l'Eisner Award 2011, come migliore storia breve, cosa che le "note" dell'albo NON ci ricordano.
E, oltre questa piccola dimenticanza, a dimostrazione del fatto che il fumetto NON è cultura, ma solo intrattenimento, da vendere a peso come prosciutto e mortadella, l'editore modenese, come era solito fare anni fa, rimonta alcune tavole dell'albo.

Pratica abbastanza diffusa anni fa (non so se l'ha inventata la Panini, ma sicuramente posso affermare che è stata portata avanti proprio da questo editore con feroce convinzione), nasce quando le pagine di un albo non sono sufficienti a contenere una storia originale. Altri, magari, modificherebbero il formato o il sommario: Panini, invece, come prassi, spezza storie o rimonta le tavole, in modo da far entrare una storia in due numeri diversi, nel primo caso, o due pagine in una nel secondo.
La prima pratica era, dicevamo, molto diffusa, soprattutto nel periodo dell'introduzione del formato "80 pagine" (primavera 2004), quando tre storie complete entravano in 66/69 pagine, lasciandone libera una decina per, appunto, mezza storia.
Le tavole rimontate, invece, sono state una prassi più rara, ma spesso presente, anche se -vado a memoria- da anni non se ne vedevano.
Nell'ultimo e citato caso, Panini rimonta le pagine 4 e 5 della succitata storia, come se fossero una unica tavola, ovviamente ruotata di 90° rispetto alle altre pagine dell'albo.
In sintesi? Una trovata creativa!
Mentre, "creativo" non sarebbe stato pubblicare la storia altrove, magari in un albo con più spazio, sostituendola con altro...

Per finire: sul numero precedente di Vendicatori: La Leggenda, l'editor Giorgio Lavagna diceva della storia di Rucka e Lark di prossima pubblicazione che sarebbe stato "delittuoso non proporvela". Sbagliava: delittuoso è stato proporla... in questo modo!

martedì 14 febbraio 2012

San Valentino: forse non tutti sanno che...


E' originario di Terni.
QUI la sua storia.

Wow! Terni ha in mano il più importante evento mondiale dopo il Natale.
Un "marchio" unico, che potrebbe sfruttare ad ogni livello: commerciale, turistico, religioso, di immagine. Già lo vedo: "Benvenuti a Terni, città dell'amore".
Che bello: CITTA' DELL'AMORE.

Invece, alcuni anni fa, questo il triste slogan di un partito: a Terni, si produce l'acciaio (ancora per poco, direi), mica i cioccolatini, marcando la differenza (ed il campanilismo) con la vicina Perugia, e dimenticandosi che, loro, coi cioccolatini (Eurochocolate) ci vivono. Come vivono con Università e con altri eventi. Mentre "noi ternani" ci limitiamo a vivacchiare, con la Ternana che aspira alla serie B, l'assenza quasi totale di eventi culturali di rilievo, e l'invidia per i "cugini" perugini.
Dicevo: Terni ha il più grande marchio dopo il Natale. E come lo sfrutta?
Essenzialmente... con una grande fiera di paese. Un mercato di porchetta, vestiti a basso prezzo, piadine e generi diversi, che movimenta una grossa via periferica per... ben un giorno.
Si, altri eventi ci sono stati, ma sono sempre meno, sempre mal pubblicizzati, e non danno l'idea di quello che dovrebbe essere il Festival di San Valentino di Terni?
Quante cose si potrebbero fare, organizzare? UN MESE di manifestazioni ed iniziative, intorno cui far ruotare tutta la vita della città, come accade in ogni luogo in cui esista una corsa, un torneo tra contrade o fazioni diverse, o un festival. Solo che Terni avrebbe come spunto il San Valentino, festeggiato in tutto il mondo.
Figuratevi: tutti coloro che frequento e non sono di queste parti, NON SANNO che San Valentino è di Terni... e che la mia città è l'unica nella quale, il 14 febbraio, non si lavora o va a scuola...

lunedì 13 febbraio 2012

Ma come ca##o si fa...

A fare pubblicità del genere?






Chi può pensare a queste opere scritte sulla carta igienica come valore aggiunto per quest'ultima, considerandola come prodotto da promuovere?
Al di là del valutare opere fondamentali della cultura italiana (e mondiale) come buone per pulirsi il didietro, mi chiedo quale sia il guadagno che ne riceve un prodotto. Non lo capisco.
Il trionfo del cattivo gusto, il delirio di un pubblicitario povero di idee e di un produttore che avrebbe potuto e dovuto esercitare una debita censura.

Cosa dobbiamo aspettarci? Vasco che lancia il suo ultimo singolo, improvvisandone il motivetto a suon di peti? Benedetta Parodi che promuove un libro di ricette, seduta sul water, insistendo su quanto riesca a defecare dopo aver mangiato i propri manicaretti?
Rocco Siffredi che, "uscendo" da un accoppiamento con due donne affermi che il "posto fisso" è noioso?
Ma daaaaaaai!

venerdì 10 febbraio 2012

Su e giù per il flusso temporale: intervista a Luca Enoch


Lilith: da dove viene l'idea?
Arriva dalle suggestione delle sexy cyborg di Shirow, dal fascino che ha sempre esercitato su di me il tema del viaggio del tempo e soprattutto delle distopie possibili e infine dal mio personale interesse per la Storia.

Come decidi il percorso storico da compiere? Su che base vengono scelte le varie epoche?
Ci sono epoche che sono un piacere da disegnare a prescindere, come quella dei samurai, le civiltà precolombiane, l'età d'oro dei pirati, i vichinghi, ecc... Poi ci sono suggestioni che arrivano da film che uno vede, i libri che legge, avvenimenti particolari che uno non conosceva e che poi decide di approfondire, come il periodo del mandato britannico in Palestina, che ha portato alla storia della Banda Stern, disegnata da Claudio Stassi e che verrà pubblicata da Rizzoli/Lizard.

Proprio la storia della Banda Stern, che abbiamo visto recentemente annunciata.
Che ci dici in proposito?
E' un soggetto che avevo nel cassetto da tempo. Io e Claudio Stassi ci eravamo conosciuti ai tempi del suo bellissimo "Brancaccio" scritto da Giovanni di Gregorio e volevamo realizzare qualcosa insieme. Proponemmo il soggetto in giro e alla fine fu accettato dalla Rizzoli/Lizard. LA Banda Stern era il termine dispregiativo con cui gli inglesi chiamavano il gruppo clandestino LEHI che operava con metodi terroristi durante il mandato britannico in Palestina, prima della nascita delo Stato di Israele. Un periodo poco conosciuto e affascinante.

Lilith verrà mai nel "nostro" presente?
No, per il momento. avrei bisogno di un forte aggancio con la nostra realtà che mi stimoli e che non entri in conflitto con la linea editoriale della Bonelli. Mi piacerebbe una storia ambientata tra i contractor americani in Medio Oriente.

La serie è molto più, se mi passi il termine, "politicizzata" di Gea. E' una vera e propria riflessione sulla storia umana, un processo ai danni che l'uomo ha fatto in giro per il mondo. Anzi, i danni fatti dall'uomo "bianco".
Purtroppo, come testimonia la sesta storia ambientata durante l'occupazione giapponese in Cina, questa nefasta caratteristica non è propria solo dell'uomo "bianco".

Come la stanno prendendo i lettori?
Molti dei miei lettori rimpiangono la coralità di Gea e il suo umorismo, ma in generale devo dire che il personaggio di Lilith - per il quale non si prova certo una immediata empatia - piace proprio per il suo misto di invulnerabilità esteriore e di fragilità interiore, per la sua solitudine e l'impossibilità di crearsi dei legami.

Quanti numeri sono previsti?
Come per Gea, il contratto con la casa editrice è decennale, quindi sulla carta sono previsti 20 numeri. Probabilmente si concluderà tra il 16 e il 18.

Domanda da libraio: da un anno, ormai, è possibile ordinare tutti gli arretrati Bonelli anche in fumetteria.

Come mai Gea no?
Gli arretrati di Gea sono andati tutti al macero, con una velocità che ha sorpreso anche me. Purtroppo non c'è più possibilità di ordianrli dalla casa editrice.

Anche il tuo segno, dai primi Gea, si è molto evoluto. Shirow a parte, quali sono le tue influenze?
Riesco a vedere più gli autori che mi hanno influenzato agli inizi - e che continuano a farlo anche oggi - piuttosto che quelli "nuovi" che stanno facendo evolvere il mio tratto negli ultimi tempi. Quindi, Moebius, Zanotto, Russ Manning, Pazienza, Magnus, Otomo...

Cosa leggi?
Di tutto. Libri di finzione e saggi storici per documentarmi e per trarre ispirazione per le storie che ho deciso di scrivere. Poi leggo liberamente narrativa di vari generi, giusto per accumulare sensazioni da rielaborare svincolato da qualsiasi necessità. Ultimamente sono tornato a frequentare la narrativa fantasy, per la costruzione della nuova serie bonelliana di Dragonero.

A proposito: quando uscirà? Puoi anticiparci qualcosa?
L'uscita della nuova serie mensile della Bonelli è prevista per l'estate del 2013. Stefano Vietti e io abbiamo organizzato una bella squadra di validissimi disegnatori, quasi tutti già al lavoro. Oltre a Giuseppe Matteoni, il disegnatore del Romanzo a fumetti, abbiamo Antonella Platano, Giancarlo Olivares, Francesco Rizzato, Alfio Buscaglia, Giangluigi Gregorini, Gianluca Pagliarani, Cristiano Cucina, Giuseppe De Luca, Andrea Bormida e Sergio Gerasi.

Come vedi l'evoluzione della Bonelli, tra miniserie, volumi e serie "autoriali" (tipo le tue), e le novità che ci saranno quest'anno?
Vedo un gran fermento, segnale più che positivo. Sono previste nuove serie, dopo tanto tempo che non ne venivano più proposte, e altre miniserie. Inoltre, finalmente il fantasy fa il suo ingresso ufficiale nella scuderia della casa editrice, con il nostro "Dragonero". La Bonelli è piena di autori con tante belle idee e la grande attività degli ultimi tempi è segno di ottima salute.

In alto, una rarissima stampa realizzata per l'incontro con Luca Enoch presso la fumetteria Antani Comics, nel 2007; in basso, una foto tratta dalla conferenza di presentazione di Lilith, a Narnia Fumetto 2009.

giovedì 9 febbraio 2012

Siamo già arrabbiati!


Leggete qui. E' un riassunto esaustivo, corretto ed equilibrato di come gli editori, soprattutto quelli grandi, si rapportano con le fumetterie.
A parole c'è rispetto. Nei fatti no.

La riprova sono questi comunicati per la sostituzione del materiale: dopo anni di proteste e di proposte, sia da parte dei singoli negozi che dell'Associazione Fumetterie, ancora si continua con enunciati che sembrano le circolari del Preside. Unilaterali.
Si continua con l'imposizione di un ruolo ai negozianti, che sono imprenditori e quindi autonomi nelle loro scelte. Ancora non si ha la percezione che, se TU editore decidi (in modo sacrosanto) di riparare ad un TUO errore, sei TU editore che devi pagare. Perché l'errore è TUO, e perché la volontà di rimediare è la TUA.
Per il cliente ed il negoziante, ci sono solo disagi.

E' un po' come le variazioni di prezzo, che nove volte su dieci sono al rialzo.
Il negoziante spende per avere dei cataloghi da regalare (!!!) al cliente. Lo informa.
Il cliente prenota. Spesso, con un anticipo di molti mesi.
Poi ti arriva una mail, che ti dice che per "un errore di presentazione", un volume aumenta di prezzo del 25%. Tu devi riascoltare il cliente, sentire se conferma o disdice la prenotazione (perché qui parliamo di roba che costa ben oltre i 50 euro), sorbirti il "ladri", insulti ed amenità varie. Il tutto tante volte quanti sono i clienti prenotanti.
Interessante, eh?

Il tutto va ad aggiungersi ai "soliti" comportamenti, più volte criticati.
C'è l'editore che ci definisce disonesti perché "spacchettiamo" i suoi pack per vendere i pezzi singoli (come se uno non potesse disporre della merce che acquista, e che non ha in conto vendita o col reso come gli pare); c'è l'editore duro e puro che si distribuisce da solo, perché i negozi -a suo dire- se ne fregano dei prodotti che stampa, salvo fare un passo indietro quando scopre che il problema è venderli, quei prodotti, senza venditori che lo facciano. C'è l'editore che ti porta il volume dell'anno in fiera e ne vende seicento copie, dopo averti detto che lo avrebbe fatto uscire due mesi prima, e tu ne hai una tonnellata in ordine, perché magari ci credevi, mentre invece ti rimangono sul groppone (ah già... non hai il reso!). E la casistica è varia quanto, paradossalmente, monotona.
Per finire, poi, come ciliegina, con chi, sulla pagina FB di un grande editore, impunemente si permette anche di darti del ladro, manco fossi un parlamentare che ruba uno stipendio mensile da favola.

Insomma, come chiedevano a Bud e Terence verso la fine del film citato ad inizio post, ormai quasi quarant'anni fa: "Altrimenti... vi arrabbiate?".
E la risposta era: "Siamo già arrabbiati".
Eccoci.

mercoledì 8 febbraio 2012

Lettere aperte, fiere del fumetto e crisi


Se ne è parlato qui, e voglio dire la mia.
Da organizzatore di manifestazioni, ho cercato di mettere in pratica quello che avevo imparato da espositore e da negoziante. Ed è questo che mi considero, in primis: un libraio, che fa fiere e vende anche su internet PRIMA, un organizzatore di eventi/fiere POI.
Per questo, a Narnia Fumetto, è nata l'Artist Alley, allo scopo di riunire in un unico luogo tutti gli autori ospiti della manifestazione (non quelli invitati dai singoli stand), collegando la possibilità di avere uno sketch da collezione all'obbligo di acquisto di un libro. Infatti: chi non è interessato al fumetto di un autore, come può volerne il disegno? Semplice: perché è bello ed è gratuito!
Oltretutto: questo da dignità a chi realizza l'albo, che non è un semplice "ritrattista" su commissione, ma sta dedicando una propria opera (che poi lo faccia sull'albo stesso o meno è un dettaglio); da la possibilità all'editore e all'organizzazione di rientrare di parte delle spese (tante, davvero tante!) legate all'ospitalità ed alla gestione dell'autore.
Il disegno ha un valore: "regalarlo", senza neanche chiedere l'acquisto di un libro è uno svilire e sminuire il valore del nostro lavoro.
Ma, è da espositore ed addetto ai lavori, che mi sento di dire che, al momento, le fiere italiane sono carenti sotto molti punti di vista.
Ecco quelle che, per me, sono le priorità.

1-Scelta degli stand per gli espositori
. I negozianti sono le vere "star" delle manifestazioni. Presenti dappertutto (gli autori, gli editori non sempre ci sono), danno la cifra minima di un evento. Che può rinunciare a tutto, ma necessariamente "parte" dalla mostra mercato!
Ad oggi, pochissime fiere (Fumettopoli, Roma Comics, Romics, altre non me ne vengono in mente...) danno la possibilità di scegliersi lo stand, mettendo online delle piantine chiare, indicando regole trasparenti (es: chi prima prenota e prima paga, prima sceglie), facendo partire tutti alla pari. Spesso ci dobbiamo scegliere gli spazi, pagarli, e poi, solo POI, sappiamo esattamente cosa ci viene assegnato. Fa così Lucca Comics, che tra l'altro trattiene l'anticipo se lo spazio non è gradito e ci si rinuncia...
Da quest'anno, anche Narnia Fumetto metterà online la piantina degli stand vuoti, dando la possibilità di scelta... Cosa che abbiamo sempre fatto informalmente, tra l'altro.

2-Date e rispetto. Quando si sceglie la data di un evento, l'organizzazione ha l'obbligo morale e pratico di verificare di non sovrapporsi ad altri eventi. "Morale", perché chi organizza da prima, chi occupa un determinato fine-settimana, ha la priorità su questo, a prescindere dalla grandezza dell'evento: priorità data dall'anzianità, un valore purtroppo sottovalutato. E dire che basterebbe poco: ci sono vari siti (tipo questo, autorevolissimo!) che elencano le varie manifestazioni.
L'obbligo "pratico" deriva dal fatto che, sovrapponendo gli eventi, costringi gli espositori (oltre che il pubblico) a scegliere tra una mostra ed un'altra. E gli espositori, che lo fanno -ricordiamo- per lavoro, possono esser messi in difficoltà dal dover rinunciare ad una manifestazione.

3-Dialogo con gli espositori.
Se i calciatori scioperano, il campionato si ferma.
Se i Tir non vanno, si blocca tutto il traffico.
Eppure nessuna fiera tiene conto dei pareri o delle critiche di negozianti, autori ed editori.
Ci vorrebbe un bello sciopero, eh?

4-Prezzi dei biglietti, prezzi degli stand. Non è il momento per aumentarli.
Anzi: potrebbe essere l'occasione per abbassarli: i primi prevedendo abbonamenti o sconti speciali, o convenzioni. I secondi, magari, tagliando gli allestimenti: meno belli, ma più economici...
Ed eliminando l'inutile "terzo metro". Se uno stand è profondo tre metri, a nove espositori su dieci il terzo metro di profondità non servirà... ma il costo è comunque più alto di un terzo. Un "4x2" metri è quindi utilizzabile come un "4x3", ma costa oltre il trenta per cento in più.
Almeno, dateci la possibilità di scegliere!

5-Quanti espositori? Chiarezza. Lo scorso anno ho incassato 100, in una data fiera.
L'anno dopo... gli espositori sono il doppio! Forse è per questo che incasso 70 o 80? O 50?
E' così difficile capire che, a parità di "torta", se aumentano i commensali, la fetta diventa un "boccone"? Forse non è il caso di puntare ad aumentare il pubblico, aumentando solo gradualmente gli espositori?


Per finire: da espositore ho spesso rotto le scatole. Ma ne ho anche pagato le conseguenze, come sa chi mi conosce. E da organizzatore ci ho sempre messo la faccia: Narnia Fumetto è, soprattutto, una fiera a misura di addetto ai lavori. Chi ci segue, lo sa.
Quindi, massima è la mia/nostra disponibilità all'ascolto e al cambiamento.

venerdì 3 febbraio 2012

Chi guarda i Guardiani?



Una libera traduzione...

Leggo sul blog di Recchioni, sempre interessante, un bel post riguardo il sequel di Watchmen.
Per chi non sapesse di cosa si parla, rinvio a questo ottimo approfondimento.
Se la DC ha i diritti dell'opera, perché è così ingiusto che li usi per farne un sequel?
Tanto... non sarebbe comunque "Watchmen". Potrà essere più (difficile) o meno bello, potrà rispettare o meno l'opera originale: ma non sarà mai "Watchmen". Come "Il Cavaliere Oscuro colpisce ancora" non è l'opera originale, come "L'anima del Cacciatore" non è "L'ultima caccia di Kraven", o il secondo ciclo di Lippi sulla panchina della Juve, per quanto vincente, non avrebbe mai eguagliato il primo. Perché? Perché al di là della qualità, la memoria migliora ed addolcisce sempre i ricordi: nessuno stava bene a 16-17 anni, eppure tutti, una volta superati gli "enta" o gli "anta" vorremmo tornarci.
Ma lo "stile americano" dei fumetti, è questo: quando c'è un successo, si cerca sempre di bissare. E di solito si replica in quello che conta: il successo commerciale.
Il resto è fuffa: quello che vende vale.

Ed è proprio questo che rende il fumetto americano unico: l'aderire totalmente all'istanza commerciale: se vendi, continui, sennò ti sospendono la serie. Se disegni velocemente, non importa che tu sia bravo, perché mi rispetti le scadenze. Altrimenti sei fuori, a meno che tu non sia una superstar.
E, facendo confronti tra mercati, come il buon Recchioni in un altro interessante post, è vero che Giappone e Francia ci battono nettamente. E battono anche gli USA, che sono un mercato in crisi, di vendite e di idee, ma ancora vivo e capace di regalare emozioni.
Eppure, proprio nel successo e nella forza culturale del "proprio" fumetto, sta il limite del mercato francese, le cui produzioni vengono esportate solo in parte e con scarso successo. Sulla bontà del modello, niente da dire: una capillare diffusione delle librerie, che ricordiamolo hanno un "sindacato" molto forte e, ovviamente, il reso, accompagnata da una importante professionalità degli editori (che non lo fanno come terzo lavoro, che non ti mandano gli albi con tre mesi di ritardo...), fanno sì che il sistema sia maturo, valido ed efficace. Ma la qualità? Beh... il fumetto italiano, pur non sfornando tanti capolavori, non è da meno. Idem quello USA, forse mediamente più scarso, ma con un'alta percentuale di opere imperdibili (nella top ten dei fumetti più belli di tutti i tempi, non mettete ALMENO cinque fumetti USA?), e comunque con un sistema di vendite ben organizzato.
Cosa potremmo fare?
Se dobbiamo prendere l'esempio dai mercati stranieri, cercare di rafforzare il canale librario e delle fumetterie, con promozioni, introducendo un reso anche parziale. Da parte degli editori, smettendo di fare concorrenza con le vendite online o piegando i calendari delle uscite alle date delle fiere, per saltare uno scalino della filiera e vendere direttamente al pubblico. Facendo promozione. Dialogando con autori, venditori, con chi i fumetti li fa e li fa vendere.
Fare tutto ciò per lavoro, non per hobby o come occupazione secondaria.

Altrimenti, un giorno ci sveglieremo come la spaventata ragazza qui sotto, scoprendo i che i nostri desideri non sono poi così belli da veder realizzati, in realtà...