Non mi considero un
passatista, non sono una di quelle persone che a ogni piè sospinto
esclama, come trascinato da una forza superiore, "si stava
meglio quando si stava peggio!". Certe volte però mi verrebbe
voglia di farlo.
Il panorama del fumetto -
sia italiano che americano - è alquanto variegato e comprende le più
svariate personalità, qualche laureando in sociologia potrebbe
pensare di farne una tesi... anzi, di sicuro c'è n'è già qualcuna
in giro. Una caratteristica tuttavia accomuna una parte di queste
personalità: dicono la loro su tutto. Il che, intendiamoci, da un
punto di vista ideale è un bene, e talvolta mi dà modo di
riflettere su certe tematiche in maniera non banale e retorica. E poi
ricordate tutti cosa diceva quel bravo ragazzo di Voltaire, no?
Solo che a volte - anzi,
non a volte, sempre - le parole che vengono dette e ancor più
scritte hanno delle conseguenze. Conseguenze che si potrebbero
evitare con facilità. Penso sia ormai un appuntamento consueto, e
non so se ritenere la cosa un po' triste: la domenica, prima di
metterci a letto, pensiamo "Chissà quale futile polemica ci
sarà nel mondo del fumetto la prossima settimana?". Non c'è
pausa, non c'è un attimo di respiro. Un giorno è come viene
disegnato il lato B di una supereroina; un altro giorno è un rancore
- strettamente personale - che sussiste tra due soggetti ma che per
ignoti motivi, forse non del tutto ignoti a dire il vero, diventa di
dominio pubblico; un altro ancora è la polemica strumentale
attizzata da (inserire categoria a caso).
Triste, ho detto. Preciso
che io non faccio parte dell'ambiente, io sono un semplice lettore
che percepisce la realtà delle cose secondo la sua personale, e
dunque fallibile, opinione attraverso lo schermo di un computer. Solo
che a volte, quando incappo in una di queste sterili discussioni (va
da sé, nel variegato mondo dei social network), la prima cosa che
viene da chiedermi è: "Ma non hanno un telefono o un cellulare?
Così fanno prima". Ci sono volte in cui è giusto smettere di
parlare attraverso mail o chat, anche il più inesperto di
comunicazione capisce quando una vicenda sta per prendere una brutta
piega, e sollevare la metaforica cornetta per chiamare il diretto
interessato. Non ci si fa brutta figura, a mio avviso. Si potrà
trovare un accordo, si potrà rimanere in totale dissenso, ma si è
parlato con una voce reale, non con una immagine virtuale di una
persona filtrata dalla nostra personale, e dunque fallibile,
opinione. Invece no, si continua e si creano pure gli schieramenti. E
chi sta da una parte scrive le sue ragioni, chi sta dall'altra
controbatte. E si gira in tondo, in tondo, in tondo, fino a non
approdare ad alcuna sponda di razionalità.
Obiezione: ma guarda che
non c'è un obbligo di legge di seguire queste polemiche, puoi
scrollare in basso col mouse. Verissimo. Tuttavia il fatto che io non
le noti o le eviti, non cancella la loro esistenza, la loro
sterilità. Non cancella la tristezza. Se poi queste polemiche come
un virus si replicano manco fossero i Gremlins dopo aver mangiato
dopo la mezzanotte...
E quindi, si stava meglio
quando si stava peggio? In questi ultimi anni il mondo del fumetto ha
dovuto dire addio a importanti personalità, personalità che io ho
sempre associato a una immagine di correttezza e straordinaria
professionalità. Sto parlando, ad esempio, di Sergio Bonelli,
Decio Canzio o Maria Grazia Perini, persone che non ho
mai visto coinvolte in queste polemiche sterili. Potremmo trovare
tante ipotetiche motivazioni per questo, ma con i se e con i ma non
si arriva da nessuna parte. Qualcuno potrebbe anche ribattere in
questo modo: lo credo bene che non li hai mai visti coinvolti, anche
solo fino a 10 anni fa Internet in Italia non era così diffuso e
nessuno sapeva cosa fossero i social network, chi ti dice che non
abbiano mai partecipato a una di queste polemiche sterili? Vero pure
questo, in effetti. Però... qualora anche fosse stato così, la
polemica sarà rimasta nella loro sfera privata senza coinvolgere
soggetti estranei come (mi rendo conto che magari è un pensiero
sbagliato) dovrebbe accadere in un mondo normale.
Aggiungo, il fatto che
esista Internet non autorizza automaticamente (anche questo è forse
un pensiero sbagliato, e chiedo scusa) chiunque a mettere in piazza
ogni presunto, e sottolineo presunto, torto o rancore che possa aver
ricevuto. Ma allora dovremmo stare tutti zitti, in ogni caso? Certo
che no, chiunque ha il diritto di dire la sua su ogni cosa (vado bene
così, Francois-Marie?), quello che conta è come lo si dice. E non
si può negare come certi fatti che colpiscono la vita privata di uno
scrittore o un disegnatore possano avere anche una rilevanza pubblica
(vedi il recente caso Corriere della Sera/Charlie Hebdo/Vignette
"rubate"), quindi pareri e commenti non banali, non
urlati se mi passate il termine, su queste vicende aiutano anche a
capire meglio la realtà che ci circonda.
Ognuno di noi grazie al
cielo è diverso: c'è chi reagisce con pacatezza, chi grida e
sbraita, chi infine si tiene sempre fuori da simili, sterili discorsi
intervenendo solo qualche tempo dopo con pensieri illuminanti. La mia
stima e il mio rispetto vanno a questa ultima categoria.
Insomma, alla fine rimane
sempre e comunque una questione di stile.
Fabio Volino
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