venerdì 13 giugno 2014

DMZ: una recensione


Dopo aver recensito il Marvel Now ed Ex Machina,  l'amico Andrea Avolio, competentissimo collezionista ed esperto conoscitore del fumetto USA, ci parla di un'ottima serie Vertigo...




DMZ di Brian Wood & Riccardo Burchielli
Serie USA in 72 numeri conclusa (VERTIGO – DC COMICS)
Prima (ed al momento unica) edizione in Italia in dodici volumi, i primi undici editi da Planeta DeAgostini, e il dodicesimo da RW LION. Quest'ultimo, dopo aver acquisito il catalogo Planeta, li sta mano a mano riproponendo (OGGI IN USCITA IL VOL. 8!), ristampando anche i volumi esauriti (al momento solo il primo) nella collana VERTIGO HITS.

DMZ sta per DeMilitarized Zone, ovvero zona demilitarizzata. L’espressione si usa in gergo bellico per indicare una zona, solitamente di confine tra territori in guerra, in cui la presenza bellica è stata ritirata di comune accordo da ambo i contendenti a seguito di accordi bilaterali tra le parti.
In poche parole è dove i civili superstiti vengono lasciati a loro stessi dopo che i belligeranti hanno fatto scempio. 

Questa serie è a mio avviso una delle migliori proposte Vertigo degli ultimi anni, cosa che per un fumetto apparentemente di guerra, visto che il genere non è assolutamente tra i miei preferiti, sembra inaudito detto dal sottoscritto.
Dunque DMZ inizia come un fumetto di guerra, ma cosa ha di tanto particolare?
Semplice, il teatro dello scontro non è il Medio Oriente dei nostri giorni o il Vietnam del ’68 o l’Europa del ’42, tutti lontani nel tempo e nello spazio bensì la guerra è qui, fuori dalla porta di casa nostra (o meglio dell’autore).
La DMZ è l’isola di Manhattan,  a New York.
E lì è in atto una guerra vera. Senza superpoteri. Dove i civili muoiono. Dove il potere affamato di se stesso, accumula cadaveri e sventra le città. Senza eroi, senza criminali. Solo vittime e sopravvissuti.

La storia (in breve e senza spoiler): in un futuro non troppo lontano, e pericolosamente simile al presente della presidenza Bush, il costante aumento dell’impegno militare USA all’estero e il suo indebolimento in patria genera forte malcontento in seno ad alcuni degli Stati dell’Unione, soprattutto della zona occidentale, i quali disconoscono il governo degli USA, si autoproclamano Stati Liberi d’America (Free States of America) e si costituiscono in esercito, marciano attraverso il continente americano raccogliendo consensi, affiliazioni e scontrandosi  lungo la marcia con l’esercito degli USA, o meglio gli Stati rimasti fuori dalla coalizione degli FSA e che mantengono il loro nome originale. Di fatto è la Seconda Guerra Civile Americana.
La marcia e gli scontri proseguono fino a New York dove i due eserciti raggiungono lo stallo, fanno quartier generale ciascuno ai due lati di Manhattan e si scontrano violentemente sull’isola fino ad un certo cruciale accadimento (che scoprirete nel corso della lettura) che determina la smilitarizzazione della zona.
Qui inizia la storia di Matty Roth, tirocinante reporter che riceve come suo primo incarico quello di accompagnare un giornalista di grido all’interno della DMZ per documentare la situazione; l’unico piccolo problema è che il loro elicottero, appena si posa sul territorio di Manhattan, viene abbattuto, lo staff è disperso e Matty si ritrova, completamente da solo, nella Manhattan devastata dal conflitto. Scopriremo attraverso i suoi occhi cosa è accaduto, come si vive in un ex-teatro di guerra, come la città distrutta ritrova attraverso i suoi abitanti la sua meravigliosa identità.

Brian Wood, newyorkese fino al midollo, ha concentrato in questo fumetto, potente e a tratti profetico, tutto il suo pensiero N(e)o-Global; innanzitutto ciò che balza all’occhio è quanto sia squisitamente veritiera e cruda la descrizione della guerra fatta proprio da un convinto pacifista e contestatore come lui. Anche se diviene subito evidente che la guerra è solo il punto di partenza di una storia che parla di tanto altro, in primis di sopravvivenza e sopravvissuti.
Vi stupirete nel vedere come l’individuo (Matty, il protagonista) riesca a mettere radici anche in luoghi estremamente pericolosi, sarà meraviglioso scoprire che la comunità (dei sopravvissuti) sia forte, capace di rinnovarsi e in simbiosi col suo territorio martoriato; confido che il ritmo serrato e l’intelligente intreccio vi conquisterà.

E, se siete attenti, vi stupirete anche di un’altra cosa.
Sarebbe sembrato ovvio mettere ai disegni della serie un autore magari anch’egli newyorkese e che quindi sia a suo agio con la rappresentazione della città vista l’importanza che riveste nello svolgimento della storia.

Eppure la serie, sorprendentemente, è disegnata da una eccellenza nostrana, quel Riccardo Burchielli, già vincitore del Gran Guinigi come miglior disegnatore nel 2007, nonché persona simpaticissima e di vivo spirito che ho avuto il privilegio di incontrare di persona, ospite proprio di Antani Comics.

Mai scelta fu più felice e lungimirante; Riccardo qui riesce a distillare, padroneggiando finemente e sapientemente come solo un vero artista italiano sa fare, tavole stupende, dove su tutto troneggiano l’enormità degli edifici di Manhattan e l’orizzonte profondo delle sue strade; il suo stile è spesso ardimentoso nella rappresentazione dell’azione, oppure spigoloso ma incredibilmente espressivo nell’introspezione dei personaggi, con l’uso magistrale dei piccoli dettagli per dare al lettore, grazie ad un solo colpo d’occhio, la sensazione di essere veramente lì nella storia. Ad esempio mi rimarrà per sempre impressa la sensazione del caldo asfissiante delle estati newyorkesi resa grazie all’afrore dei personaggi, bellissimi nell’afa che non lascia scampo.

La bravura, la tecnica e la disciplina artistica di Riccardo sono a mio avviso indiscusse, basti pensare che, se non ricordo male, fu proprio lui ad ammettere che, quando iniziò a disegnare DMZ non aveva ancora mai visitato New York e in un’epoca in cui StreetView non esisteva, è riuscito grazie allo studio e al confronto con Brian Wood, a rappresentare la città come fosse sua,  rendendole pari grandezza di tutti gli altri protagonisti.

In questa serie gli autori vi porteranno per mano attraverso storie di attivismo politico, quadretti di commovente umanità, parabole di ambiziose ascese seguite da ineluttabili declini e devastazioni, vi commuoverete alla vista delle piccole cose che la comunità saprà offrirvi e soffrirete quando vedrete la città piegarsi e sanguinare.
Fino alla fine. Quando leggerete nell’ultimo episodio una delle più belle lettere d’amore che un newyorkese abbia mai dedicato alla sua città.
E scoprirete che, se non l’avete ancora visitata vi verrà voglia di farlo mentre se ci siete già stati (come me quando lessi la serie) avrete una gran voglia di tornarci. Eppure senza nostalgia, come fosse sempre con te.

Perché parafrasando l’autore, scoprirai che New York è anche casa tua, e che quella che hai letto è anche la tua storia.


Andrea Avolio

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