martedì 19 agosto 2014

Scriviamo di fumetti, maleducazione, clienti ed amazon

dito nel naso

Come capitato altre volte (qui e qui), leggo il blog di Bao Publishing ed ho da ridire.
Ribadisco, ultima volta, quanto detto anche nei post citati qui sopra: trovo questo editore di ottimo livello per qualità del lavoro svolto, e penso sia ancor più importante che di certi argomenti si parli.

Comunque.

Ma, ovviamente, è importante anche COME se ne parla: trovo spesso che il Michele Foschini sia un po' approssimativo su alcuni temi e che... se la prenda un po' troppo con le fumetterie!

Ovviamente, io parlo dal mio punto di vista.
Ma, mi chiedo: tu, editore, prima di criticare il mio lavoro, stai facendo qualcosa per quel mese di tempo che, spesso, il tuo distributore di fiducia (bella parola...) impiega per inviarmi un tuo arretrato?



In particolare, questo è il passaggio che critico:

Lettori! Voi avete il coltello dalla parte del manico, e ogni diritto di far valere il vostro peso. Ma non fatelo solo decidendo a chi dare i vostri soldi. Se volete che le cose migliorino (in termini di servizio, offerta, qualità, praticità di ottenimento dei libri) dovete parlare. Farlo sapere ai librai, alle fumetterie. Se la vostra sola bussola nell’orientarvi agli acquisti è il prezzo, be’, sappiate che il prezzo è quello stampato dietro ai libri. Nessuno è tenuto a farvi lo sconto. In certi paesi lo stanno vietando con ferrea determinazione. Se un libraio riesce a convincervi ad andare da lui, vi lascia sfogliare e valutare un libro, e poi voi lo salutate e andate a comprarlo online, la colpa non è di Amazon, è del libraio, che non ha saputo darvi motivi per dare a lui i vostri soldi. Fategli capire perché.

No, qui non ci sto.

Allora: se un cliente viene da me, sfoglia un volume che io ho pagato e che non posso rendere, per poi prenderlo su Amazon, o altrove, valutate voi di chi può essere la colpa:

-Dell'editore, che vende ad Amazon con margini molto più alti dei miei, dando loro la possibilità di fare sconti che io non posso proporre? Si, avete letto bene: sconti che una fumetteria che vuole campare di fumetti non può fare, non almeno in modo generalizzato ed indifferenziato. Il perché è semplice: se, scremata l'incidenza delle spese di spedizione, il mio margine medio è del 30%, confrontando due ipotesi semplicistiche, ovvero "sconto zero a tutti" e "sconto 15% a tutti", il risultato è questo: nella prima ipotesi, guadagno il 30% sul venduto, cui sottrarrò i costi di gestione (affitto, dipendenti, bollette, tasse, etc), nella seconda, il margine che mi rimane è del 15%, cui scalare quanto elencato qui sopra. Qualora l'incidenza dei suddetti costi fosse del 10% del prezzo di copertina, il mio utile sarebbe del 20% nel primo caso, del 5% nel secondo.
Morale: in questa ipotesi assurdamente semplicistica, ma non campata in aria, se anche lo sconto del 15% mi portasse - ma non mi ci porterà, fidatevi! - ad incassare il doppio, guadagnerei comunque la metà, facendolo. Voi lavorereste (e rischiereste) IL DOPPIO, per avere LA META' dello stipendio?

-Del distributore, che non riesce a mandarmi celermente un arretrato, che spesso ha in magazzino, e che se non ce l'ha dovrebbe spiegare qualcosa... ovvero perché esiste? E perché fa pagare gli arretrati più delle novità?
Di questo soggetto, che spesso impiega giorni per rispondere a delle mail, non sa cosa sia la mitologica figura della promozione, non ha siti decenti, e che non è in grado di stampare neanche un poster per mettermi in grado di far conoscere una qualsiasi cosa in vendita ad un mio cliente?
E che nei momenti clou dell'anno (estate e Natale) se ne va spesso in ferie per una decina di giorni?

-Del cliente, che è un gran maleducato, ad usare il mio negozio, frutto di fatica, passione (per questo lavoro), per controllare qualcosa che sta ordinando su un sito online sia idonea ad essere letta nel proprio, preziosissimo, tempo libero?
Non dovrebbe esserci un limite alla maleducazione dura e pura ed alla volontà di inconsapevolezza?
O "il cliente ha sempre ragione"?


Se un giorno, Amazon e simili mi porteranno a chiudere, me ne farò una ragione.
Ma credo che, con la fine delle piccole/medie fumetterie, le "librerie indipendenti", come si chiamano in varia, finirà anche il lavoro per molti editori. Il perché è presto detto: a colossi come Amazon, non interessa promuovere e vendere il fumetto, quanto vendere tutto e di tutto.

Lo spazio che tanti editori trovano nelle fumetterie, non esisterà mai e poi mai per un colosso del genere. Che farà pure il 15% di sconto, offrirà pure le spese gratuite, ma non potrà mai darvi - clienti affezionati o occasionali che voi siate - il servizio di un libraio che fa le due di notte, in un giorno non lavorativo, per scrivere questo pezzo, quando non per gli ordini o per lavorare ad una promozione o per rispondere alle mail.
Che investe svariati punti percentuali del proprio fatturato, ogni anno, per migliorare tecnologia, arredamento e invitare autori.

Che si attiva, per avere una offerta sempre maggiore, una esposizione sempre migliore. Per poter essere rifornito di tutto in tempi brevi.

Dicevo: se chiuderò per questa concorrenza, che spesso giudico sleale, perché si fonda su basi diverse e non vede i concorrenti sulla stessa linea di partenza, me ne farò una ragione.
Potrò sempre prendere qualche vestito consunto, un bel cappello, e mettermi fuori dai padiglioni di Lucca Comics a chiedere qualche soldo agli editori che lì, e spesso lì solo, investono realmente qualcosa, con l'obiettivo di tirare su il tanto che basta per andare avanti per qualche mese.

Scordandosi, o facendo finta di farlo, che esistono problemi belli grossi, che l'incasso di qualche fiera andata bene o shop online non possono risolvere. Non definitivamente, almeno.

2 commenti:

  1. La Bao (o Michele in particolare) fa un discorso semplicistico ma estremamente importante nel tirar fuori i problemi del mercato. Quando parla delle fumetterie, son convinto che si rivolga alla media delle fumetterie italiane (e non potrebbe essere altrimenti nella ristrettezza delle poche righe che utilizza). In sostanza è giusto sentirsi chiamati in causa, ma la tua non mi sembra una fumetteria media italiana, in primis per dimensioni ma soprattutto per impegno nella promozione del prodotto-arte del fumetto.

    Quante fumetterie leggono il blog della Bao?
    Quante fumetterie commentano la situazione attuale e lavorano per migliorarla?
    Quante fumetterie fanno promozione durante l'anno?

    La realtà è che se tutte le case editrici fossero la Bao e tutte le fumetterie Antani la lista dei problemi si ridurrebbe abbastanza (triste non poter citare nessun distributore come buon esempio...). Insomma secondo me non la dovresti prendere sul personale, perché il tuo è un caso "lavorativo" che rappresenta si e no il 5% delle fumetterie italiane.

    Michele Di Stefano, lettore :)

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    1. Non è che leggere il blog della bao, o il mio, o altri, sia indice di "fare un ottimo lavoro". Idem l'essere - se poi è vero - in quel 5%: non mi da da mangiare, né mi permette di vivere sugli allori. La verità è che la realtà è molto più sfaccettata di un post manicheo come quello. Anche io pensavo diverse cose del genere, prima di aprire un negozio o di organizzare una fiera. Poi mi sono reso conto della realtà.
      E che, comunque, non è insegnando agli altri il proprio lavoro - cosa che non mi sono mai permesso di fare - si può "cambiare il mondo".

      grazie per l'intervento :)

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