In sintesi: un report dell'andamento del mercato del fumetto in Nord America nel 2014:
Secondo i dati da loro raccolti, le vendite di fumetti in queste due nazioni hanno raggiunto un totale di 935 milioni di dollari, con un’incremento del 7% rispetto al 2013. «Il mercato è in grande forma» ha commentato Miller, «secondo i dati raccolti da Comichron, il 2014 è stato il miglior anno dal 1995 per i fumetti stampati, calcolando anche l’inflazione; senza calcolare l’inflazione, le vendite hanno raggiunto cifre che non si vedevano dal 1993. E i fumetti digitali appaiono complementari alle vendite cartacee, piuttosto che cannibalizzarle».
Come è messo il mercato del fumetto italiano? |
Purtroppo, una analisi del genere, non si può fare per il mercato italiano.
perché i dati di vendita non sono pubblici? Se lo fossero, aiuterebbero a capire le dinamiche di vendita, creerebbero trasparenza verso i lettori.
Il fatto che non lo siano, a chi giova?
E chi è che li "segreta"? Editori? Distributori?
Qui, invece, parlando di politiche di vendita, dicevamo:
i dati di vendita continuano a restare un mistero.A fine 2011, scrivemmo un post in tema, e Fumetto D'Autore ha un paio di mesi fa ripreso il discorso, citando, si, le fonti di provenienza, ma con con dati comunque parziali. Quindi, qualche settimana dopo c'è stato l'intervento (riportato da Manga Forever) su un forum di Roberto Recchioni. Recentemente, per finire, ci è tornato il blog (l'ottimo blog!) del Dr. Manhattan (QUI), che ha citato i dati USA e, purtroppo, gli imprecisi ed "infondati" dati italiani. Si negli USA quei dati sono noti. Da noi, purtroppo, si continua a vivere tra omertà, imprecisioni ed ipse dixit...
Girando su internet, poi, mi è capitato di leggere questo interessantissimo pezzo che, seppur con qualche imprecisione, trascurabile nel contesto, spiega chiaramente che:
Piccole e grosse aziende continuano a lamentarsi dell’andamento oggettivamente negativo del mercato, ma nessuno rende pubbliche le metriche di questo trend, come un malato febbricitante che chiede aiuto ma rifiuta di condividere il responso del termometro.
I presupposti per fornire graduatorie esaustive della situazione ci sono. Esistono prima di tutto i dati che ogni casa editrice sembra voler custodire gelosamente anche quando questi contengano cifre soddisfacenti o addirittura incoraggianti per tutto l’ambiente. Esistono riviste e siti specializzati (come questo) disponibili a elaborare tali informazioni e renderle fruibili a chiunque e ovunque. Cosa si attende allora? I tempi sono maturi per una svolta. L’appello è stato lanciato.
In effetti, il problema è semplice: nessuno fornisce i propri dati di vendita.
Ovviamente, escludo sortite estemporanee di qualche editore sui social, o classifiche dei cataloghi, che lasciano il tempo che trovano, perché elencare i prodotti più venduti, parlando solo di quelli che si hanno in esclusiva, non fornisce alcun dato reale...
Su cosa si fonda questo comportamento? Su vecchie abitudini, come tutte le odierne regole del "nostro" mercato: "nessuno lo ha mai fatto... perché dovrei iniziare io"?
Ma anche sul mors tua vita mea che impazza nel settore: perché devo essere io a fornire, quando gli altri non lo fanno, dati che magari possono aiutare anche i concorrenti a lavorare meglio?
Ovvio che smuovere le acque, potrebbe aiutare anche me... ma probabilmente lo farebbe anche col "nemico": quindi, perché cambiare le cose?
Il contrario delle dinamiche dominanti di Nash...
Il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo farà ciò che è meglio per sè... e per il gruppo...
E invece dobbiamo accontentarci di spulciare i dati di vendita Bonelli, gli unici che forse è possibile rintracciare, addirittura stavolta da un forum italiano dove vengono postate informazioni provenienti da un forum serbo, forse diffuse dal licenziatario locale di Tex e compagni; altrimenti, dare per buone quelle indicate da "pezzi grossi" dell'editore milanese, che danno comunque informazioni parziali, senza citare la fonte completa.
Briciole.
Purtroppo, posso solo tornare ancora sull'interessantissimo pezzo proveniente da BadComics: gli editori sono come un malato febbricitante che chiede aiuto ma rifiuta di condividere il responso del termometro.
Teniamoci strette queste vecchie regole di un mercato invecchiato di venti anni, ma che ancora continua a funzionare come quando internet di fatto non esisteva, si vendeva soprattutto in edicola, magari "per corrispondenza" o in poche fumetterie o fiere di settore.
E molto, molto più di ora, anche se di molti meno titoli.
E molto, molto più di ora, anche se di molti meno titoli.
Continuiamo ad affondare tutti insieme, piuttosto che provare a cambiare qualcosa: come diceva Churchill, non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.
C'è qualche editore o distributore che ha il coraggio di iniziare?
Al di là dello sconsiderato spezzone di film, Nash sosteneva invece che la dinamica dominante sarebbe stata quella in cui ogni individuo non avrebbe dichiarato i propri dati...
RispondiEliminaA volte rimango perplesso pensando che, con un semplice click, posso sapere quante copie ha venduto l'ultimo numero di one piece in giappone o quello di spider-man negli usa, mentre non ho modo di sapere quanto vende un qualsivoglia albo qui da noi ._.
RispondiEliminaSarebbe "carino" sapere i dati vendita italiani (parla da lettore). In ogni caso nessuno deve essere costretto a divulgare info di questo tipo. E' "meglio per il gruppo" ??? Ma perché mai?? Ma dove sta scritto?? Gli americani leggono "supereroi" anche a 60 anni. Non so se mi spiego! Roba da pazzi. :(
RispondiEliminaGiacomo L.
non ho capito.
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