Gentilissimi organizzatori di premi del fumetto,
mi permetto di scrivervi per segnalarvi un paio di correttivi che permetterebbero alle targhe e coppe che voi assegniate, di essere più aderenti alla realtà del "nostro" mondo.
Mi scuso per la presunzione, ma credo che tali premi possano e debbano diventare un patrimonio di tutto il sistema fumetto italiano, uscendo dalla nicchia nella quale si trovano, che li porta ad essere ignorati dalla quasi totalità dei non addetti ai lavori, per arrivare ad essere quello che potrebbero realmente essere, ovvero un riconoscimento ambito ed un collettore di vendite.
Il primo correttivo, riguarda la possibilità di vendere gli albi vincitori.
Spesso, si ha la sensazione che il premio sia un punto di arrivo: invece, potrebbe essere un lancio verso nuovi lettori.
Perché non concordare con gli editori partecipanti, una modalità per mandare in fumetteria - dove spesso sono assenti - i titoli vincitori? Potrebbe essere un modo per educare al buon fumetto, far conoscere autori meno commerciali, e nel contempo premiare con vendite migliori - o almeno con la possibilità di farne - i vincitori del premio.
Anni fa, tentò una cosa del genere il Comicon, mandando nelle librerie Feltrinelli i vincitori del Micheluzzi, ma poi non se ne seppe più nulla.
Rendere un fumetto più appetibile, più commerciale e "commerciabile", non ne sminuisce il valore letterario e contenutistico. Anzi, dovrebbe essere il punto di arrivo di qualsiasi operazione pubblicitaria, categoria cui qualsiasi premio appartiene.
Il secondo correttivo, riguarda le categorie cui si danno i premi, ed è connesso strettamente a quanto detto sulla commerciabilità dei fumetti.
I premi prendono in considerazione solo chi realizza i fumetti, ovvero gli autori, non chi li vende: al massimo, arrivano a ricompensare chi li produce, ovvero gli editori. E non sempre.
Nella catena, mancano librerie e distributori.
E non è una carenza da poco! E' una scelta, forse pratica, ma che porta a considerare solo il lato artistico della produzione fumettistica, come se fosse "puro" perché scevro da guadagno, dal vile lucro. Senza pensare che, senza vendita, non ci sarebbe produzione.
Qualsiasi premio dovrebbe prendere in considerazione sia chi realizza una opera, che chi permette di farla arrivare e conoscere al pubblico: perché non dobbiamo dimenticarci che le fumetterie non solo vendono, ma spesso portano il lettore a vedere, prendere contatto e magari comprare qualcosa che non conoscevano. Svolgono una fondamentale attività di "inseminazione culturale", se vogliamo.
E non dimentichiamoci, poi, che anche gli autori non producono fumetti per pura passione, quanto per lavoro. Per guadagno, quindi.
Allargare la possibilità di ricevere premi anche a commercianti e distributori, magari con la giusta considerazione di queste categorie anche nella formazione delle giurie, sarebbe una piccola rivoluzione, che andrebbe nel senso della possibilità di diffondere il più possibile la "cultura del fumetto". Che non è solo scrittura, lettura, disegno: è anche vendita, è anche pubblicità. E' anche commercio.
Recentemente, ho letto una tesi che parla di distribuzione nel mondo del fumetto: l'autore si è basato su molti pezzi trovati su questo blog, segno che si fa cultura anche col commercio.
Tenerne conto, sarebbe un bel segnale di svolta e di cambiamento.
Grazie per l'ascolto.
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