Noi proviamo a spiegarvelo... con questa rubrica, anche se, alla fine, i soldi (e la vita) sono i vostri!
Qui trovate tutti gli arretrati: almeno, non potrete dire che non vi avevamo avvisato...
Già cinque anni fa parlammo dei dati di vendita dei fumetti: un segreto di stato!
Se ne dicono di tutti i colori, di sottecchi, ma è difficile trovare conferme ufficiali, e numeri chiari, definiti e proiettati nel tempo. Già, nel tempo: perché dire una cifra, senza confrontarla col passato, o contestualizzarla in un ambito come quello del mercato attuale, è fare del puro nozionismo.
Allora, visto che non c'è nulla di ufficiale, parla chiunque. Dall'autore più blasonato, all'ultimo degli appassionati: tutti senza conferme ufficiali, spesso senza dare neanche dati precisi.
I famosi "si dice" o, meglio, "tizio ha detto".
Una decina di giorni fa, è uscito questo pezzo.
Un buon pezzo, soprattutto se si considera che, pur parlando di argomenti specialistici, è stato pubblicato su un sito "generalista". Detto questo, secondo me è un po' troppo impreciso su alcuni passaggi, ed ha un errore di fondo. Impreciso come quando parla di fumetto "industriale": cosa significa, esattamente? Forse intendeva "popolare"? E questo vale per tante altre piccole "sviste".
L'errore di fondo: come fai a fare un pezzo sulle vendite dei fumetti se, dei tre canali di vendita, edicola, fumetteria e libreria, hai solo i dati di quest'ultima, che per tua stessa ammissione è quella che fa il fatturato minore?
Oltretutto, nel citare i dati, come fai a confrontare quelli internazionali, con tanto di agenzie e studi ufficiali, e paragonarli a quelli italiani, che vengono dalle affermazioni di Matteo Stefanelli, che sarà anche professore universitario e gestore di uno dei migliori siti italiani sul fumetto, ma che afferma che la stima è stata fatta "sentendo gli editori e IBS, perché i dati di Amazon non sono pubblici (...) In più ho aggiunto fiere, eventi e saloni che per il fumetto sono importanti"?
Come si fanno ad "aggiungere le fiere"? Si girano a campione, chiedendo agli espositori quando vendono? E quando vendono di cosa? Fumetti nuovi, usati? Antiquariato?
Frequento moltissime manifestazioni, conosco decine di espositori, ma di questi studi non ho mai sentito nulla...
Ecco, comunque, i frutti della stima:
Giappone (128 milioni di abitanti): 4 miliardi di euro (dati 2016, Yukari Fujimoto, Meiji University, Tokyo)
Usa (318 milioni di abitanti): 840 milioni di euro (dati iCv2 sul 2014)
Francia (67 milioni di abitanti): 459 milioni di euro (dati GFK sul 2015)
Italia (60 milioni di abitanti): 200 milioni di euro (dati Stefanelli per il 2013)
Spagna (47 milioni di abitanti): circa 90 milioni di euro (dati Salòn del Comic de Barcelona sul 2013)
in particolare che il fumetto in Italia vale un po’ meno della metà di quello francese e circa il doppio di quello spagnolo. Insomma, secondo me, considerando tutto – librerie, edicole e fumetterie – dovremmo essere intorno ai 200 milioni di euro all’anno, di cui 15 milioni in libreria, che data la crescita potrebbero essere 20»
Questa affermazione è assurda: "quindici, facciamo venti visto che è cresciuto".
Più o meno:
-"Quanto ne vuole, di prosciutto?"
-"Un paio di etti".
-"Sono due e mezzo, che faccio, lascio?"
Fermo restando che, se fosse vero, la libreria inciderebbe pochissimo: molto meno della fumetteria, che "combatte" in duecento contro tremilaseicento, uno contro diciotto, in proporzione. Quindi, se come fatturato valesse anche solo il triplo, avrebbe un importanza "pro-capite" notevolmente più alta: duecento fumetterie che fatturano il triplo di tremilaseicento librerie, significa un fatturato oltre cinquanta volte maggiore, prese una ad una!
Ma sono tutti dati a braccio: come si può ragionare su queste informazioni?
Altri sono i numeri veri.
Prendiamo il post di questo blog, linkatissimo ed insultatissimo nelle ultime settimane.
E, chiariamoci: i contenuti sono deliranti. Complotti, politica, visioni del fumetto (e non solo) assolutamente fuori dal mondo. Ma parliamo di dati: il post qui linkato cita dei dati precisi, fa i nomi delle serie Bonelli, e cita le presunte vendite degli ultimi anni.
Ora: da dove vengono questi dati?
In parte li ha pubblicati Alessandro Bottero sul proprio profilo, in parte da pezzi letti su internet, tipo questo, che citano dati ufficiali.
Ora: i secondi è inutile commentarli, sono ufficiali. Rari, ma ci sono, anche se non sono recenti.
Mi soffermo su quelli forniti da Bottero: per simpatico o antipatico che possa essere, si tratta comunque di un giornalista. Se mi cita dei dati, gli credo: che motivo avrebbe per pubblicare inesattezze su dei dati numerici, che sono facilmente smentibili (o confermabili!), a differenza di pareri e opinioni che, essendo spesso personali, possono essere comunque smontati e/o rigirati a piacimento?
Quindi, se di "sparate" si tratta, perché non confutarli, magari fornendo i dati veri?
Oggi, sul suo profilo, Bottero ne ha diffusi altre, di queste informazioni.
E via di polemica.
A me non interessa discutere e litigare su dati che esistono e non vengono diffusi: e mi sembra ridicolo il solo pensare di farlo.
Si parla di numeri che forse sono veri, forse no: la menzogna, se così è, si confuta con la verità.
Pubblicateli ufficialmente questi dati, se chi li fornisce "sottobanco" ce li da falsi, no?
Quale è il problema nel diffonderli? Quale è il motivo che porta a farne un segreto di stato?
Altrimenti, come spesso accade nel fumetto, si parla del nulla, di polemiche che leggono una piccola percentuale delle persone che, in Italia, leggono qualcosa...
Ed è vero quanto dice il pezzo citato all'inizio, sui motivi del silenzio relativo ai dati di vendita:
Di fumetti e graphic novel in Italia non si sa quasi niente, non esistono rilevazioni di vendita ufficiali che abbiano qualche attendibilità e completezza, e non pare che della cosa importi troppo a nessuno. (...) Le ragioni dell’ignoranza sono due: la prima è l’inerzia e/o il disinteresse, un po’ supponente, del mondo dell’editoria, ancora solidamente fondato sui libri; ma la seconda ragione, quella determinante, è che in Italia la vendita di fumetti si disperde in tre canali che non comunicano tra loro e si basano su sistemi di rilevazione diversi e parziali, e non sempre qualcuno rileva qualcosa: l’edicola, la libreria e la fumetteria.
A queste io ne aggiungerei un'altra: la diffusa mancanza di professionalità, derivante dallo scarso impegno che si investe nel nostro settore, come in altri, per fare un salto di qualità, ed uscire da regole e modelli creati oltre trenta anni fa e che, per tanti motivi, ancora oggi sono in vigore.
Interessante come sempre, grazie. Federico
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