giovedì 12 settembre 2019

IT 2: i Perdenti tornano a Derry

Quasi due anni fa, recensii la prima parte di IT.
Oggi tocca al sequel, con la solita premessa che, non essendo un critico cinematografico, non farò discorsi tecnici, ma mi limiterò a dire la mia, da fan...

SPOILER INSIDE!




E, come per la prima parte, questo post segue il mio solito "metodo": quando vedo un film tratto da un libro o un fumetto, lo valuto in due modi. In primis, come adattamento: non guardo in particolare la fedeltà nella scelta dei dettagli o nella somiglianza di trama o attori, quanto allo spirito con cui è stato realizzato, in rapporto con la versione originale. Il secondo criterio è quello della riuscita del film in sé.


La seconda parte di IT è quella in cui i protagonisti sono adulti: gli autori hanno preferito separare - il più nettamente possibile - le due fasi collegate al passato e al presente. Il mostro torna ogni ventisette anni circa e, mentre il libro è un continuo rimando tra l'oggi e flashback sull'adolescenza dei "perdenti", l'adattamento è stato rivisto notevolmente nella scansione delle scene. Per fare un esempio, l'apertura della seconda parte è all'inizio del romanzo, subito dopo la scena della barchetta...

Paradossalmente questo film riesce meglio della prima parte, pur essendo meno fedele al romanzo: laddove del primo dicevo che "i protagonisti del romanzo, trovano nel simbolismo l'arma per battere IT (...) tutte le altre paure dei protagonisti (...) ribaltate, diventano armi e punti di forza. Come nella vita. Ma questo, nel film non c'è. La storia è intrisa solo un forte simbolismo legato all'altra arma usata, l'unità: i protagonisti possono colpire IT con successo solo quando sono insieme, e le difficoltà dell'uno vengono supportate dalla forza dell'altro. (...) Il venir meno di questo simbolismo (...) allontana molto il film dal romanzo originale" in questo è il contrario: manca la fedeltà alla storia originale ma, paradossalmente, c'è più aderenza all'idea del libro.

Al di là della presentazione dei personaggi, con Bill che è diventato scrittore di successo, Bev che ha sposato - chiaro! - un uomo violento e possessivo come il padre, Ben da emarginato sovrappeso ad architetto di successo e così via, tutti più o meno affermati ma senza figli, tutti dimentichi degli orrori di Derry, tranne Mike, che è rimasto in città a vegliare sul possibile ritorno del mostro (ed è lui a convocare il gruppo dopo ventisette anni, ricordando loro il giuramento che avevano fatto), la storia si sviluppa in modo diverso. Totalmente diverso, visto che la maggior parte di quello che succede, beh, sul libro non c'è.

Ma, come dicevo, è il senso stesso del romanzo ad esser maggiormente rispettato, anche se i due film, messi insieme e moltiplicati per mille, non rendono un decimo della paura e inquietudine che il libro trasmette.

E questo senso è legato al combattere i propri limiti, le proprie fobie e inadeguatezze: il crescere senza dimenticare ciò che si era da bambini, quel coraggio misto a incoscienza che solo in giovane età si può avere.

Come sempre non si può pensare di adattare un romanzo in modo perfetto, ma il senso, i "valori" della storia sono rispettati: l'angoscia, l'inadeguatezza la paura che si prova ad essere invisibili per i propri genitori mentre si è in pericolo; ma anche la forza che ti da il gruppo, il coraggio dell'essere insieme che moltiplica le forze, la bellezza dell'amicizia.

Tematiche tipiche di King, soprattutto quest'ultima: valga per tutti Stand by Me.
E forse è proprio per questo che una storia intrisa di nostalgia per un epoca che non c'è più, come IT, può esser goduta, in modi diversi, sia da adolescenti, che ventisette anni dopo... 

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