sabato 29 agosto 2015

Intervista a Nicola Pesce


Abbiamo recentemente letto una tua intervista per Lo Spazio Bianco, e ci preme - come nostro solito - sottolineare i passaggi "distributivi": quali difficoltà hai esattamente avuto?

Buongiorno, Francesco. Vai subito al sodo.

Non pretendo di sapere come stiano realmente le cose, perciò ti esporrò semplicemente la mia impressione del tutto. La domanda è tecnica e chiedo scusa ai tuoi lettori se sarò un po’ tecnico.

Un editore di fumetti, in Italia, non ha possibilità di sopravvivere affidandosi unicamente ai grandi distributori.

Spesso si sottolinea come essi siano anche editori, e qualcuno dice che sarebbe un “conflitto di interessi”, ma al posto loro chi non farebbe lo stesso! Non mi va di parlar male di chi “ci ha saputo fare”.

Quello che nel settore fumetto non siamo abituati a considerare è l’aspetto della promozione, ossia quel passaggio intermedio nel quale l’editore comunica i suoi titoli a un promotore, che li rende noti alle librerie. E le librerie decidono quante ordinarne dal distributore.

Il promotore è anche chi, se c’è un intoppo negli ordini, se ne accorge e ti aiuta a risolverlo, perché lui guadagna la percentuale su quello che vendi, e gli conviene che tu venda.

In Italia, il distributore non è soltanto “anche” un editore, ma è persino un promotore.

Per avere una paginetta su Anteprima ci vogliono oltre 500 euro. Poi, inevitabilmente te la danno sperduta nel catalogo in un posto dove non si sa se quelli sono libri o cosa. La paginetta su Mega è meno costosa ma altrettanto sperduta.

Se poi su Anteprima (o Mega) non vuoi pagare, loro sono davvero gentili a metterti gratuitamente il tuo annuncio nelle colonne finali. E’ proprio questo servigio che mi consentì di cominciare a fare l’editore. Non li ringrazierò mai abbastanza. Ma parliamoci chiaro, chi mai lo vedrà?

Io ritengo che Pan e Alastor siano ottimi distributori. Ci ho lavorato anche in qualità di negozio, sono veloci e precisi, sono disponibili. Il problema è che non sono dei promotori.

Adesso la NPE, con un grande investimento, pubblicherà un inedito di Neil Gaiman. Pensi che mettendolo nelle colonnine gratuite riuscirò a vendere le migliaia di copie che mi servono per rientrare dei costi?

Non è colpa loro, hanno migliaia di prodotti, come dovrebbero fare!?

Allora io sono costretto a far contattare direttamente i negozi per proporgli i miei volumi. Giacché ci sono propongo di mandarglieli io stesso, senza intermediari, e in conto vendita. I risultati sono ottimi.  (PS: sei un negozio e vuoi un contovendita NPE, scrivi qui promozione@edizioninpe.it).

Con un solo handicap: non posso essere capillare. Perché io non ho tra i miei titoli l’Uomo Ragno o Batman: se domani un negozio piccolo decide di non pagarmi 100 euro, io debbo spendere 4-500 euro di recupero crediti. Se lo facessero in dieci, non potrei permettermi di recuperare i soldi. Non posso spaventarli semplicemente interrompendogli le forniture di Superman e via dicendo.

Spesso il peggiore nemico del negoziante è il negoziante stesso. Se fossero tutti seri e gentili, io manderei tutto a tutti, in conto vendita, a sconti elevatissimi. Invece debbo muovermi come in un campo minato.

Dicevo che un promotore è anche chi trova e risolve eventuali intoppi. Ebbene i distributori attuali hanno i prodotti “disponibili” o “non disponibili”, rendendo difficile l’ordine di qualcosa non disponibile. Ad esempio mettendoci un semaforo rosso accanto.

Però sappiamo che il distributore, qui, lavora soltanto sull’ordinato. Nell’istante in cui evadono il primo ordine, compare il semaforo rosso, mentre magari io ho mille copie a giacere a terra nel magazzino.

Un promotore risolverebbe questo problema.


Quale è il distributore col quale hai lavorato meglio. Perché?

Finora i distributori con cui ho lavorato meglio sono due: Alessandro Distribuzione e SuperGulp.

Quest’ultimo non è un distributore vero e proprio, ma ha tre negozi che vendono, messi insieme, quasi il 3% del mio fatturato. Per capirci, Pan Distribuzione è il 4%.

Con SuperGulp mi trovo divinamente, in primo luogo per la gentilezza. E’ un bene raro oggi, al punto da sembrare inutile, eppure parlare con “Fabio” di SuperGulp è sempre un piacere, mette di buon umore. Al punto che si è instaurata un’amicizia ed espongono i miei prodotti talmente tanto che una volta entrai senza preavvisare nel loro negozio e mi sembrava di stare in un monomarca, a giudicare dalla vetrina.

Questo fa bene al cuore perché mi fa capire che se questi signori espongono tanto la mia roba, in vetrina, è perché evidentemente vende, mi trovano profittevole. E questo è un grande incoraggiamento.

Alessandro Distribuzione, poi, ha un programma online eccezionale. Io so in qualunque momento quante copie di ogni titolo hanno a magazzino, così che non vadano mai sotto scorta. Nei pagamenti non solo sono puntuali, ma fulminei: mi arrivano i soldi nemmeno tre giorni dopo l’invio della fattura. Sono loro a sincerarsi presso di noi se ci siano nuovi prodotti, eccetera. Insomma, ci fanno sentire la loro attenzione.

Ho iniziato a lavorare da poco con Manicomix e le premesse sono buone, vi terrò aggiornati!


Dai tuoi discorsi, però, emerge come i distributori sappiano fare - almeno in parte - il proprio lavoro... mentre il problema vero sarebbe lavorare con le fumetterie, che non pagano?

Quel che ho detto è che i distributori sanno distribuire ma non hanno interesse a promuovere. Quindi come distributori sono capacissimi, ma come promotori tendono inevitabilmente ad escludere gli editori indipendenti. Ma non perché siano cattivi: semplicemente perché ci sono troppi prodotti da promuovere.

Le fumetterie pagano. Grazie al cielo questo settore è il settore (e io di settori ne ho conosciuti davvero tanti) dove tutti pagano.

Il problema è che se io guadagno il 10% sui miei prodotti e un negozio su dieci non mi pagasse… io sarei andato pari. E uno su dieci, certamente, non paga.

E’ per questo che è importante che ci siano i distributori: si assumono loro il rischio di farsi pagare.

Quel che dicevo è che se in Italia ci sono trecento negozi di fumetto, io editore devo essere oculato nel contattarli e testarli. Ci sono delle teste calde che trovano mille scuse per non pagare e oltre al danno anche la beffa del tempo perduto a parlarci. Non posso contattare tutti i 300 negozi e mandare mille euro di merce a testa. Nell’arco di 6 mesi una decina fallirà, una decina non avrà neppure esposto i nostri prodotti e ce li rimanderà tutti indietro, una decina mi farà spendere tempo e denaro per farmi pagare e io sarò andato in pareggio pur avendo inviato trecentomila euro di merce. E’ un fatto statistico. Perciò bisogna andarci piano e costruire un rapporto di fiducia reciproca.


Come fate la vendita diretta al pubblico? Online? Fiere? E con che modalità?

Quest’anno abbiamo un po’ smesso di andare alle fiere. Ci andavamo perché essendo poco distribuiti avevamo necessità assoluta di farci conoscere dal pubblico, ma era una scommessa a perdere, dove i costi non si pareggiavano mai.

Quando sentite un editore che dice che a una fiera è andato benissimo, il 90% delle volte mente. Infatti io stesso, i primi dieci anni, quando facevo il resoconto di una fiera dimenticavo di tener conto che i libri hanno un costo e il mio tempo ha un costo. Dicevo “abbiamo speso 1000, abbiamo incassato 1500, è andata bene”. Invece avrei dovuto dire “abbiamo speso 1000, io sono stato un giorno a viaggiare e montare, tre giorni allo stand, un giorno a smontare e viaggiare, con me è stato un amico che ha fatto lo stesso e anche volendo prenderci 50 euro al giorno sono da soli 500 euro, inoltre di questi 1500 euro di incasso altri 500 erano il costo dei libri stessi. Quindi ho perso 500 euro da questa storia, sono stato via dall’ufficio, 24 ore al giorno, mi sono stressato molto.”

Finalmente in libreria di varia siamo capillarmente presenti, quindi possiamo allentare un po’ la presenza in fiera che, in piena onestà, non ci possiamo più permettere neppure se ci regalassero lo stand.

Stiamo cercando, quando una piccola o media fiera ci contatta, di suggerire loro di avere come ospiti nostri autori che vivono in quella regione. Pare stia funzionando. Perciò, se chi legge è un organizzatore fieristico e desidera avere come ospiti degli autori NPE, contattateci a promozione@edizioninpe.it

Stiamo vendendo sempre di più online. Questo è merito di un servizio logistico che ci consente di fare spedizioni con corriere espresso a 4 euro. E’ un circolo virtuoso: abbiamo spedito sempre più roba finché ci hanno abbassato i prezzi e siccome ci avevano abbassato i prezzi abbiamo potuto incrementare le spedizioni.

Online vendiamo in due modi diversi i titoli forti e i titoli standard. Un titolo forte è ad esempio “Jacovitti Proibito – Kamasultra”, oppure “Diabolik – I Numeri 1”, oppure “Gaiman – The Graveyard Book”. Questi hanno un prezzo di copertina che rimarrà lo stesso in eterno. Non si fanno sconti. Preferisco non venderli, eventualmente. Ho scoperto che per molte persone i miei saggi sono una sorta di status symbol. Chi ha “I Disney Italiani” a 79 euro ha fatto un sacrificio per comprarlo. Non posso scontarlo dopo 12 mesi a 49 euro o meno: farei un’offesa e minerei la fiducia nei confronti della NPE.

Questi prodotti li pubblicizziamo molto e vendiamo centinaia di copie nei primi dieci giorni di preordine.

Diverso è il discorso per i fumetti degli esordienti, dove pratichiamo sconti e incoraggiamenti perché lì la priorità non è far cassa ma diffondere quanto più possibile il nome dell’autore e far piacere la sua opera, anche perché quando pubblichiamo con un autore tendiamo a farlo per anni ed anni, per molti libri, e qualunque investimento facciamo su di lui ci viene ripagato nel tempo.

Utilizziamo molto, negli ultimi mesi, una newsletter non invasiva con offerte tremende, tipo la “diecilibri”… chi fa un ordine su www.edizioninpe.it di almeno 40 euro riceve uno sconto di 5 euro e dieci fumetti in regalo a nostra scelta.

Purtroppo in passato, quando avevo vent’anni, non sapevo calibrare le tirature come so fare ora e ho pubblicato dei titoli bellissimi, come ad esempio “Vir l’Immortale”, ma in tirature eccessive. Una soluzione sarebbe macerle, un’altra soluzione regalarle ai clienti. Io ho preferito quest’ultima.


Parli di promozione: spesso lo abbiamo detto anche noi. Ma il reso? Pensi che non servirebbe?

Parlando di promotori librari (che è un pochino diverso dal più vasto concetto di promozione) non mi ero occupato dell’aspetto del reso, che concerne la distribuzione.

La Nicola Pesce Editore lavora garantendo la possibilità di reso a tutti i negozi con cui collabora sistematicamente. E vi assicuro che reso non ce n’è quasi mai. Questo proprio perché il negoziante di fumetti, sentendosi più sereno nell’ordinare volumi, ci mette su più scaffali e vendiamo in più.

Trovo che l’assenza della possibilità di reso sia anacronistica, se mai c’è stato un tempo in cui fosse adeguata.

Perché i negozi di fumetti devono patire più dei negozi di libri? Non penso ci sia una spiegazione precisa a questo.

Certo, molti fumetti sono seriali, e va bene, quelli potrebbero non avere il reso, ma tutti gli altri?

Io stampo volumi da 50, a volte 100 euro… come si fa senza reso? Chi me li ordinerà mai?


Gli spazi sui cataloghi sono a pagamento, se non dai esclusive: mai pensato di farlo?

Io non credo di poter dare l’esclusiva della mia merce a qualcuno che finora non mi ha soddisfatto. Non mi ha soddisfatto perché non ha interesse a soddisfarmi. Non mi ha soddisfatto al punto che ho dovuto cercare soluzioni alternative, come contattare direttamente i negozi.

Tu la daresti una esclusiva se ti dicessero: “Alzaci lo sconto dal 50 al 55%, però noi facciamo solo il 35% ai negozi. Mentre sui nostri prodotti facciamo il 42%. Poi non puoi vendere a nessun’altro. Ma in cambio di questo noi non ti assicuriamo niente. Solo una paginetta su una rivista che va nei negozi, ai quali altrimenti potevi benissimo fare una telefonata o mandare una mail.”?

Vuoi mettere la gioia di poter contattare te, Francesco, e dirci insieme quali prodotti ti mando in conto vendita, oppure chiamarti per chiederti un consiglio tipo “a che prezzo lo metto secondo te questo volume?”.

La “minaccia” è diventata una “opportunità”. Non potendo contare su una distribuzione che mi promuovesse come credevo di meritare, ho dovuto rivolgermi ai negozi direttamente, ho trovato non soltanto amici, ma persone che hanno il polso della situazione e sanno aiutarmi e guidarmi nelle scelte editoriali.

Non capita raramente che un negoziante mi scriva “in America è uscito questo prodotto, perché non lo prendete voi per l’Italia?” E qualche volta abbiamo ascoltato il consiglio!


Ho capito, ma in questo modo, non si rischia di capillarizzare troppo? Se dieci, venti editori facessero il tuo discorso, ti rendi conto che lavoro dovrebbero fare le fumetterie? Già ora siamo passati, in pochi anni, dalla possibilità di avere un distributore unico alla certezza di doverne avere almeno quattro o cinque... Almeno!
Ne parliamo proprio qui.

Beh, io sono un editore. La tua domanda implicherebbe che dovrei fare cose tipo creare un distributore (smettendo di fare l’editore) o creare una congregazione di piccoli editori, ecc.

Io invece voglio fare proprio l’editore.

Oltre a offrire i miei prodotti con uno sconto maggiore ed un diritto di reso non vedo come poterti aiutare.

Hai fatto una domanda che non andrebbe posta a me che, a fronte del problema di mancanza di distribuzione, ho dovuto ovviare in qualche modo. Si rischia di capillarizzare? Non puoi chiedere la soluzione al capillare. Io sono già il risultato di un sistema circolatorio sbagliato.

Pensa a tua volta quanto s’è fatto difficile per me editore, che una volta dovevo parlare (fare fatture, bolle, correggere errori, contattare, aspettare al telefono, ecc.) soltanto con la Panini. Adesso ho cinquanta interlocutori.

Se mi trovi una soluzione, ti faccio una statua.


Non chiedo soluzioni, ma presento un problema.
Vedi: tu rinunci al distributore, ma aumenti il tuo margine.
Sicuramente hai dei costi. Ma se tutti fanno come te, diventa ingestibile.
Quello che volevo capire era se mettersi “in proprio” è l'unica soluzione, o se possono bastare anche distributori indipendenti, come Manicomix o Alessandro.

In realtà il mio margine crolla. Mentre prima la Panini mi faceva un ordine, ad esempio, di 5mila euro, ordinando 10mila euro di merce, e io la spedivo spendendo 300 euro di corriere, adesso ho cinquanta ordini da 100 euro, spedisco 10mila euro di merce spendendo 1.000 euro di corriere, e inoltre per raccogliere e gestire questi ordini ho un dipendente che fa questo un paio di ore al giorno, per un totale di 300 euro al mese. Infine qualcuno non paga e ci perdo dei soldi.

Il mio margine è crollato. Il mio lavoro è passato dal “produrre bei libri” a “cercare soluzioni e clienti” e “farmi pagare”.

Ho aderito a Manicomix da due o tre mesi, sono molto gentili. Penso che nel 2015 saranno lo 0,5% del mio fatturato.

Mi piacerebbe mandare tutto a un solo distributore, ma in questo settore dove tutti i distributori appena crescono diventano editori, mi sentirei schiacciato e a rischio.

L’unica cosa che riesco a pensare è crescere tanto come editore, fino a fare diversi titoli al mese, così che diventi più virtuoso questo giro di emails e telefonate che sono costretto a fare.

Il giorno che un distributore mi chiederà una esclusiva domandandomi anche il mio piano editoriale (il che significa che gli serve capire che prodotti dovrà vendere), offrendomi un minimo garantito (anche molto basso), in cambio dell’esclusiva, io accetterò. Ma finché tutto è polverizzato e ogni distributore non mi dà più di una diecimila euro all’anno, non vedo come potermi affidare a un singolo!

E poi ti dirò, il rapporto con i negozi di fumetto mi piace.


Non avevo intento polemico.
Solo: noi fumetterie siamo sempre costretti a scegliere di seguire o no la vs politica distributiva: andate col tal distributore? Se vi voglio, devo diventare suo cliente, valutandone la convenienza,  e spesso andando oltre questa. Oppure tagliarvi dal mio negozio, coi rischi che ne conseguono.
E tutto “al buio”, perché se non vi espongo regolarmente, ne so poco sulle vostre potenzialità.
Non sarebbe più logico provare a cambiare quello che non funziona da dentro?
O è una battaglia persa?

Proprio perché noi non abbiamo un rapporto di esclusiva,  è possibile ordinarci da tutti i distributori, quindi non costringiamo a nessuna scelta.

Tuttavia sarebbe bellissimo che qualcosa in questo sistema cambiasse. Uno diventa editore per fare bei libri, non per diventare un commerciante con mille clienti diversi da contattare uno per uno.

Penso che le cose stiano cambiando da sé, inevitabilmente. Ricordo, forse male (perché all’epoca non ne capivo molto), che dieci anni fa praticamente c’era solo la Panini, e la Star Shop, se vogliamo.

Poi Saviano pian piano è sceso in campo appropriandosi, per usare un termine che mi insegnò lui, dell’ “acqua del rubinetto”, ossia di un prodotto (ad esempio Batman, o Superman) di cui nessun negozio può fare a meno. Così divenne un distributore via via più importante.

Già il fatto che da uno i distributori grandi diventassero due, smezzandosi, cambiò le cose. A un certo punto esistevano tre distributori, la Panini (con un fatturato di una ventina di milioni di euro in fumetti), la Alastor (con un fatturato di 8-9 milioni) e la Star Shop (con un fatturato di 8-9 milioni). Era nata la pluralità.

Ci fu a lungo una separazione netta tra Anteprima e Mega, poi a un certo punto ognuno ha cominciato ad ospitare meglio anche le testate dell’altro.

Ricordo poi una chiacchierata a Lucca con Alessandro Distribuzione che mi spiegò il suo nuovo sito e come sarebbero cambiate le cose e aumentato il suo fatturato. Ora, io ho il vizio di scaricarmi i bilanci di molti dei miei shareholder e stakeholders, ma ammetto che quello di Alessandro non ce l’ho, tuttavia ho visto i suoi ordini della mia merce crescere fin quasi a superare quelli dei principali distributori. La distribuzione dei fumetti in Italia l’ha inventata lui, tutti lo sanno, e mi sembra che stia facendo un percorso per riappropriarsi del primato.

Periodicamente io faccio telefonare tutti i negozi di fumetto d’Italia per fare un mini sondaggio, capire dove ordinano la merce, se hanno difficoltà coi miei prodotti, eccetera.

A un certo punto scoprii che esisteva Manicomix, un nuovo distributore. Un anno fa lo nominarono solo tre negozi. Quest’anno oltre trenta. Non mi fa un fatturato apprezzabile, ma c’è anche da dire che io rifornisco direttamente i maggiori negozi e questo riduce molto le possibilità che i distributori hanno di farmi fatturato.

Come ho detto prima, se un distributore serio venisse con un’offerta seria, io gli darei volentieri l’esclusiva, ma finora mi hanno sempre fatto capire che non sono neppure uno dei tanti, ma uno degli ultimi, non avendo l’ “acqua del rubinetto”, quella che altri chiamerebbero la “killer app” o il “killer product”.

Sento alcuni editori miei amici sempre più spesso, e le lamentele sono sempre le stesse. Io penso che se arrivasse un distributore che prendesse a cuore la nostra situazione ci schiereremmo subito, ma non possiamo fondarlo noi: saremmo l’ennesimo sintomo di un sistema malato, e non la cura. Saremmo l’ennesimo editore, o gruppo di editori, che distribuisce. Tuttavia non siamo un organismo vivente unico, una sola creatura, ma un gruppo di organismi, e quello che che uccide il singolo individuo, in un gruppo di individui e nel lungo termine si chiama evoluzione, quindi tutto può essere.

Se tu come negoziante e come esperto del settore, o se altri negozianti che leggono questa intervista hanno qualche idea, siamo davvero interessati a sentirla e valutarla.

Per il momento la blanda medicina che posso offrire, sui miei prodotti, è il fatto che qualunque negozio, scrivendo a promozione@edizioninpe.it può ottenere una vendita diretta al 50% di sconto oppure un conto vendita al 40%. Spero che un giorno la Nicola Pesce Editore sarà in grado di offrire non 12-18 titoli all’anno ma più di cinquanta. Quel giorno faremo un discorso più intenso.


Il mio concetto era questo: se vendi a pan/alastor, perdi il 55% circa. 
Se vendi a fumetterie e pubblico, regalando anche le spese, perdi molto, molto meno...

Mi dispiace ma devo dissentire.

In primo luogo perché una fumetteria, per decidere di rifornirsi da me, debbo incoraggiarla. Quindi ha il 50% di sconto e, come vedi, cambia poco. E’ una percentuale che poco sopra avevo menzionato.

Ma, soprattutto, una casa editrice per vendere a fumetterie e pubblico deve dedicare a questo una risorsa, ossia un dipendente, fosse anche due o tre ore al giorno, per promuovere i prodotti e gestire i rapporti. Inoltre una spedizione di 200 chilogrammi ha un costo infinitamente più basso di 100 spedizioni da 2 chilogrammi. Inoltre una spedizione a settimana può essere gestita internamente, prendendo un magazzino in affitto a duecento euro al mese, mentre fare 100 spedizioni a settimana richiede una organizzazione logistica. I conti li ho fatti sopra, poco fa.

Sarei molto più contento di farne una, di spedizione, piuttosto che cento.

Non dimentichiamo inoltre chi si assume il rischio di credito. Con un distributore io sarei in una botte di ferro, con cento clienti il rischio di non venir pagato è il mio, e ho un 5% di ordini non pagati e un 5% per i quali bisogna fare un fitto recupero crediti (altro costo) per farmi pagare.


Finiamo con una domanda d'obbligo: progetti futuri?

Ci puoi anticipare qualcosa?

Progetti futuri? Passare una buona Lucca, portare i debiti della casa editrice a zero in meno di un annetto, se non proprio 6 mesi. Diventare una casa editrice "con i soldi", un player serio ed affidabile sul mercato internazionale dei diritti.

Parliamoci chiaro, adesso siamo ancora l'1% di una vera casa editrice. Qualche anno fa facevamo uscire i libri solo ad aprile e a novembre, quest'anno siamo già riusciti a migliorare la costanza delle uscite. Mi piacerebbe riuscire a fare tre volumi al mese, aver pagato tutti i fornitori e avere un contatto costante con tutti i negozi di fumetto.

La NPE cresce ormai da 5 anni del 20% all'anno. Se guardate in giro, troverete molte case editrici che raddoppiano ogni anno il proprio fatturato. Ce n'è una ad esempio che quattro anni fa perse centomila euro, fatturandone trecentomila; tre anni fa perse trecentomila euro, fatturandone ottocentomila; due anni fa ha perso ottocentomila euro fatturandone meno di due milioni. Praticamente la perdita cresce più in fretta del fatturato. Poi arriva una casa editrice enorme e le acquista pagandogli i debiti.

Ecco, io non miro a questo. Io miro a crescere piano, aumentare il fatturato e l'utile in modo virtuoso, ridurre i debiti che mi sono trovato a dover gestire. Sogno di poter di tra qualche anno una cosa che ora non posso dire: "io sono un editore".


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