Era una sera dell'autunno 1995.
Il sottoscritto era al primo anno di Università, a Perugia.
Abitavo con un tizio abbastanza strano, e non avevamo neanche la televisione. Internet non esisteva.
Il nostro appartamentino era contiguo a quello delle proprietarie, due arzille signore di quasi novant'anni: Enrica e Titina. Spesso, la sera, andavamo a trovarle per farci due chiacchiere miste a quattro supercazzole. A volte scroccavamo la loro tv.
Quella sera d'autunno, dicevo.
La Juve, vincitrice dello scudetto 1995, dopo anni di anonimato, giocava in Coppacampioni.
Accendo in ritardo (convenevoli e supercazzole varie con le due padrone di casa): la Juve è sotto di un gol. In attacco, invece dei "titolari" Vialli e Ravanelli, giocavano due illustri sconosciuti: Padovano e Del Piero.
E' fatta, penso.
Manco a dirlo, la Juve pareggia subito.
La partita è appassionante, va a fiammate.
A un certo punto accade una cosa inspiegabile: Del Piero inventa una parabola impossibile, il pallone prende un giro strano, e finisce in rete.
Nascono i gol "alla Del Piero".
La Juve vince la coppa, poi l'Intercontinentale a novembre.
Perde le due successive finali, ma stabilisce record ed apre un ciclo.
Del Piero passa ottime annate, subisce un brutto infortunio che sembra pregiudicarne la carriera. Viene criticato, "è finito", dicono.
Ma rinasce, e ricade, e rinasce.
Diventa una bandiera della Juve: ci sono molti giocatori più forti, in campo. Non moltissimi, ma ci sono e ci saranno. Ma la forza di quel ragazzo veneto è tutta un altra storia: diventa un esempio sportivo per i giovani ed un simbolo del campione pulito e corretto.
Invecchia: aumentano le panchine, ma lui riesce sempre a ritagliarsi un posto.
C'è lo scandalo di Calciopoli, c'è la "B".
Ma ci sono i due titoli di capocannoniere consecutivi vinti da ultratrentenne, c'è la Coppa del Mondo, il due a zero alla Germania.
Una carriera fantastica, un esempio unico.
Ora l'annuncio della fine della carriera juventina di Alessandro: intempestivo, inappropriato.
E da parte del nuovo presidente, Andrea Agnelli.
Non commentiamo con le parole, lo facciamo con un bel ricordo.
(Il servizio è del grandissimo Alberto D'Aguanno).
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