Intervista a cura di Alessandro Di Virgilio
Ciao Monica,
prima di parlare della stupenda illustrazione che hai realizzato per il manifesto di questa ottava edizione di Narnia Fumetto, alcune domande su di te e il tuo percorso artistico.
Quando e come hai scoperto la tua vocazione artistica?
Da bambina, tra i banchi di scuola.
Hai frequentato scuole specifiche? Se sì, chi sono stati i tuoi docenti di riferimento?
La prima scuola specifica è stata il Liceo Artistico, un alveo libero e creativo che mi ha regalato il senso dell’individualità personale. Da qui la coscienza delle mie scelte al di là di ogni motivazione razionale, per cui ho seguito la mia strada secondo le mie convinzioni. Questo mi ha portata ad incontri con persone che lavorano tutt’ora nel campo del fumetto, Maestri che mi hanno trasmesso l’amore per il mestiere attraverso i segni che tracciano sui fogli con sempre rinnovata passione.
Hai lavorato quasi esclusivamente per quella fascia di mercato rivolta ai bambini/ragazzi (Ed. Cioè, Disney, Mattel e, attualmente, il Giornalino delle Edizioni San Paolo). Non trovi che questo settore sia sottostimato? Se sei d’accordo, vorremmo conoscere il tuo parere su come poter invertire questa tendenza.
Sottostimato? Da chi? Perché? E’ una discussione interessante per noi addetti ai lavori, no? Credo che le risposte potrebbero arrivare facendo noi autori, uniti agli editori (quelli coraggiosi!), una ricerca collettiva investendo energie pratiche e creative. Penso che alla base di quanto mi chiedi ci sia il pensiero latente (la sparo grossa?), che i bambini non sono persone. Cioè non riusciamo a separarci da una certa cultura dominante che annulla la realtà umana dei più piccoli (come quella delle donne), e che non ci permette di relazionarci a loro finendo col non saper bene quale linguaggio usare, cosa abbiamo da dirci tanto che poi perdiamo la direzione di ciò che vorremmo realizzare creativamente. Come dici tu si è sviluppata una tendenza, ma mi sembra che queste parole dicano di un vuoto per cui in realtà non si tende a niente e quindi manca “una fetta di mercato”. Questo pensare al “mercato” come alle mode da seguire o da imporre è il primo errore, si perde l’umanità di tutto quanto abbiamo la possibilità di fare noi che stiamo da questa parte della carta stampata.
Nel 2011 hai disegnato, per Round Robin Editore, il volume dedicato a Lollò Cartisano, il fotografo ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1993. Come ti sei trovata ad affrontare tematiche così distanti dalla tua abituale produzione?
E’ stata una delle più grandi esperienze umane e creative. Con Lollò, l’editore – coraggioso - della Round Robin, offrendomi carta bianca sui disegni, mi ha anche regalato la possibilità di spezzare un’abitudine all’esecuzione comandata della linea (in quel momento disegnavo Trilli per Disney Italia). Ne avevo una forte esigenza. E’ stato molto difficile all’inizio lasciare andare la mano senza comandarla, senza sapere a priori dove arrivare coi segni. Ci ho messo sei mesi per scrollarmi di dosso gli schemi precostituiti della costruzione della figura e tracciare il primo segno libero per fare un’immagine che avesse in sé un’emozione. Poi, nel resto dei tre mesi, è venuto fuori tutto il libro. Questo dal punto di vista del disegno. Dal lato umano dell’esperienza conoscere Deborah Cartisano (figlia di Lollò), prima e la signora Cartisano poi, mi ha fatto vedere quanto nessuno di noi è lontano da quel che succede agli altri: una cosa come un paese che perde in pochi anni i suoi abitanti perché qualcuno vuole cancellarli materialmente per interessi non ben specificati, ragazzi, donne e uomini che muoiono per violenza di pochi è un dramma che vivo sulla pelle anche quando non ci penso. C’è qualcosa di noi che ci viene privato anche se quei ragazzi, donne, bambini, uomini non li abbiamo mai conosciuti prima: è la nostra collettività, la nostra storia presente e futura. Non serve a niente pensare solo a se stessi.
Chi sono stati gli artisti a cui ti sei ispirata e chi, attualmente, giudichi tra i migliori?
Non mi ispiro ad artisti precisi e non giudico nessuno migliore di un altro perché non stiamo qui per rivaleggiare: la rosa dei talenti, in questo mestiere, è molto vasta e ognuno con le proprie capacità offre una finestra, più o meno grande, più o meno ricercata, su una bellezza che si alimenta e si trasmette per passione. Non può esserci una bellezza minore o maggiore.
Arriviamo al manifesto. Anche in questo caso ti sei misurata con un genere, quello supereroistico, distante da quanto hai prodotto fino ad adesso. Quale è stata la genesi e che tipo di approccio hai avuto per la sua realizzazione?
La provocazione è arrivata da voi organizzatori che mi avete proposto di fare una locandina unendo quel che faccio di solito a quel che non ho mai fatto fin’ora; il resto sono stati schizzi di getto, piccoli approfondimenti sui personaggi e il coinvolgimento di Barbara per la sua splendida colorazione. Volevo vedere i super eroi muoversi in leggerezza: nonostante la maschera di V ci riporti ad un concetto di realtà sociale poco sereno, la fantasia è vitale e vola alta partendo da Superman che svetta in tutta la sua purezza, a WW che ammicca al lettore, Green Lantern frizzante e sprintoso, Flash che corre con grinta, e poi…che Batman rubasse i fogli e i pennelli all’Artist Alley non potevo pensarlo, è venuto da sé.
Generalmente tanti autori di fumetti, si vantano di non essere lettori. Considerazioni a parte, rispetto ad un atteggiamento del genere, quali sono le tue letture, non necessariamente fumettistiche?
Non mi vanto, ma è vero che sono tra quelli che leggono pochi fumetti, relaziono l’edicola al mio lavoro e quindi pesco qualcosa di volta in volta. Non colleziono. Scelgo gli albi o i volumi per un’attrazione che ha una motivazione sempre diversa che mi fa entrare nella libreria specializzata: una volta per un tipo di stimoli visivi che vengono solo dalla carta stampata, un’altra per vedere cosa si fa oggi, un’altra perché ho l’esigenza di un autore in particolare, un’altra per scavare nel passato lontano…Le mie letture sono soprattutto extra fumetto, questo mi viene dall’esigenza di staccare dalle ore lavorative. Ora sono in recupero di letture che avrei dovuto fare anni fa: ti spaventi se ti dico che in questo periodo sono attratta fortemente dal Faust di Goethe? Non riesco a staccarmi da quel libro! Poi, in coda, ci sono Collodi e Bulgakov e poi, discorso a parte, c’è la ricerca psichiatrica di Massimo Fagioli che, col suo scrivere irrazionale, è una delle realtà culturali attuali che mi affascinano di più.
Ultima domanda, scontata e d’obbligo: parlaci dei tuoi progetti, attuali e futuri.
Progetti ben definiti non ce ne sono: continuerò la collaborazione con Il Giornalino; sto aspettando risposte per prove di cui adesso non dico per scaramanzia; riprenderò con i corsi di fumetto in una scuola statale di Roma, insomma continuerò ad andare dove mi portano matite e pennelli.
Monica Catalano sarà a Narnia Fumetto dal 6 all'8 settembre 2013!
Non perdetela!
Non perdetela!
Ma come si fa a dire alla Catalano che il mercato dei prodotti rivolti per i più giovani sia sottostimato?????????????
RispondiEliminaOvvia la risposta un po' incazzata della disegnatrice.
Spesso quelli che lavorano "solo" nell'ambito comics ritengono che il loro mondo sia oltre che arcinoto anche caratterizzato da dimensioni estese.
La verità è che ad essere sottostimato è il mondo dei comics Usa. Piccolo e ridotto ad una pletora di lettori che non supera le 6000 unità. Certo, davanti ai 42000 lettori di Topolino... ecco, prima di fare certe domande, sarebbe il caso di spegnere il pc e farsi un tuffo nella realtà.