sabato 24 marzo 2012

Il fumetto al centro: intervista ad Alberto Ponticelli


Sabato 10 marzo, abbiamo avuto l'onore di ospitare Alberto Ponticelli.
Quella che segue è una interessante intervista all'autore, con argomenti che esulano dal suo stretto ambito lavorativo di disegnatore..

Come ti sei trovato per l'incontro a Terni di due settimane fa?
Benissimo, molta ospitalità e disponibilità. Chi sta in prima linea è rimasto l'unico a tenere veramente a fare andare bene questo autobus sgangherato che è il fumetto.

Ti va se approfondiamo alcuni argomenti ad ampio spettro, che esulano dall'ambito della tua attività di disegnatore, ma si rivolgono a tutto il mondo del fumetto?
Mi va.

Mostre mercato: negli anni '90 ne facevi molte con il tuo studio.
Quali erano le principali differenze con quelle di oggi?
Cosa abbiamo perso e cosa abbiamo acquisito da allora?

Si è persa la voglia di costruire un progetto intorno al fumetto.
Ci sono ancora fiere che ne hanno rispetto e si impegnano enormemente a resistere nonostante l'abbruttimento generale, a loro va tutto il mio rispetto e la mia ammirazione.
Altre (la maggior parte) tendono ad ammaliarti con ospiti che non c'entrano niente e ti rincoglioniscono con concorsi per cosplayer, concerti di sigle e via così fino a che sei sicuro di aver perso ogni capacità di giudizio su ciò che ti circonda.
Biglie colorate agli indigeni, una roba del genere.
Personalmente vent'anni fa mi divertivo di più, si parlava ancora di fumetto, ma probabilmente era l'esperienza dello Shok Studio a rendere il tutto dissacrante e divertente.

Hai qualche aneddoto da raccontarci sulle fiere di allora?
Boh, potrei raccontartene molti, ma te ne lascio uno, visto che l'argomento pare attualissimo: eravamo a Cremona, una fiera organizzata credo dal Centro Andrea Pazienza nel '95: per totale disinteresse di un pubblico che aspettava solo la presentazione successiva di Bonelli, improvvisammo e dicemmo che eravamo stati contattati per fare "Watchmen 2" nonostante fino a quel momento Alan Moore avesse detto che mai ne avrebbe fatto un seguito.
Ci fu un gran brusio di sorpresa, ma noi restammo terribilmente seri e in qualche modo sembrava coerente che il nostro modo di fare fumetti potesse trovare terreno fertile per quel sequel, così molti nostri detrattori vennero a farci i complimenti dicendo che avevano sempre creduto nelle nostre capacità.
Un classico .

Sempre parlando di fiere: cosa credi che dovrebbe esser fatto per riportarle ai fasti degli anni '90?
I fasti delle fiere negli anni novanta dipendevano dal fatto che i fumetti venivano ancora letti e venduti. Le fiere si comportavano di conseguenza, quindi il fumetto era ancora al centro di tutto.
Le fiere rappresentano un problema indiretto e subordinato alla scena editoriale. Il problema dunque è a monte: in quegli anni vendevi qualsiasi cosa, ma al posto di investire su idee e autori, l'editoria ha preferito lavorare sull'omologazione, trascinando il fumetto verso un livello sempre più basso e uccidendone ogni attrattiva al di fuori della sempre più stretta cerchia di appassionati.
Mentre il fumetto perdeva inesorabilmente d'interesse gli organizzatori cominciavano a gradire, per puro spirito di sopravvivenza economica e per poca indole organizzativa, la presenza di elementi svilenti che però garantivano pubblico facile e guadagni (a breve termine) garantiti.
Cosa potrebbero fare oggi per migliorare le fiere? Rimettere al centro il fumetto, con professionalità e passione; ma temo sia troppo tardi. Vent'anni di accettazione della mediocrità hanno portato a ciò che vediamo oggi, e non si cancellano facilmente. Ci siamo scollati dal mondo reale.

Stai lavorando al reboot dc con Frankenstein, che -speriamo- presto verrà pubblicata in Italia.
Cosa ci racconti di questa serie?

Mi contattarono per propormi un progetto scritto da Jeff Lemire, con cui ogni tanto ero in contatto perchè a ognuno dei due piace la roba dell'altro.
Così ho accettato; dopo Unknown Soldier che era molto realistico mi divertiva l'idea, da disegnatore, di poter lasciare andare i freni.

In Italia ti piacerebbe lavorare con qualcuno?
Al momento quelli con cui vorrei collaborare sono tutti dentro al collettivo Dummy.

Mercato italiano: hai mai fatto un pensierino sulla Bonelli?
Sinceramente no. Rifiutai (gentilmente) un loro invito a incontrarmi per parlare di possibili collaborazioni. Non mi piace la fissità che la caratterizza, quel bisogno di non cambiare mai le formule che funziona(va)no da decennie, e la prospettiva circa una collaborazione non sembrava fare eccezione. Se la principale novità del 2012 sarà avere un mensile a colori, non ci siamo proprio.

Come autore, con lo Shok Studio ti sei anche autoprodotto ed autodistribuito. Quali credi che siano i mali della distribuzione attuali?
Non è solo un problema di distribuzione, che comunque gioca sporco molto spesso, sapendo di essere l'unico filtro tra editori e negozianti, Il nodo cruciale è nelle sinergie, mai esistite, fra l'autore, l'editore, il distributore, il negoziante e perfino il pubblico. Quando si è in crisi la cosa migliore da fare sarebbe mettersi tutti a discutere di come farcela insieme, ma mi pare che nessuno sia intenzionato a farlo.

Senti: ci sono disegnatori/scrittori italiani, giovani o non, che ti appassionano ancora?
Qualcuno si, non molti. se parliamo di passione allora cerco chi possa sorprendermi e regalarmi degli input.
la sensazione che ricevo è di poca ricerca, molta ansia di pubblicare in fretta e di integrarsi; troppi zombie-vampiri-elfi-suggestioni di telefilm e film dozzinali ecc.
Quando assisti al conformismo nella creatività ci resti male.
Troppe trovate facili, troppe, troppe.
Vite troppo poco vissute e tuttavia troppo raccontate. Forse è venuto a mancare l'iter da "bottega", che permetteva di farsi le osse e sviluppare in maniera più morbida e graduale un percorso personale e professionale.

Cosa leggi?
Tutto quello che mi capita davanti. Sono curioso per natura. Ma con pochi fumetti arrivo alla fine. Mi sconvolge entrare in una fumetteria e aprire troppi fumetti che richiudo dopo averne sfogliato due o tre pagine. Non è superficialità, è che quando anticipi le pagine successive e capisci immediatamente dove si andrà a parare, allora c'è poco di che appassionarsi .
Come sopra, cerco la sorpresa, poche volte la trovo.
Il problema è che c'è anche una sovraproduzione pazzesca, tutti questi piccoli editori che senso hanno? Creano la falsa illusione che si possa pubblicare qualsiasi cosa, abbassando il livello critico e qualitativo perchè non c'è più un filtro qualitativo. Li capirei se publicassero progetti coraggiosi, rivoluzionari, diversi dalla fuffa mainstream, cose che l'editoria ufficiale non potrebbe permettersi perché legata alla religione delle vendite, ma quando vedo tutti sti fumetti uguali fra loro mi chiedo che senso abbiano.
Ma sull'editoria ci sarebbe da scrivere parecchio.


3 commenti:

  1. ponticelli spacca. Leggere le sue parole è come ascoltarle un vecchio saggio. Scorregge comprese. Lo stimo.

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  2. Mai nessuno ha espresso i miei pensieri sul mondi editoriale in modo così lineare e semplice. Un grande, indubbiamente

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  3. stima.
    tra l'altro, oggi [ormai ieri] è stato nostro ospite un altro "pezzo" dello Shok Studio, AKAB. massima soddisfazione.

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