lunedì 23 marzo 2020

Il fumetto ai tempi del virus: e se ci restasse solo il reso?

Finalmente è tornato.
Parlo del blog del collega e amico Stefano Perullo, titolare della fumetteria Comix Factory di Caserta.

Eccolo: http://comixfactory.blogspot.com.

Dopo aver spiegato il perché della lunga assenza, ha pubblicato un paio di pezzi interessanti.
L'ultimo, proprio di ieri, ha come tema centrale una dichiarazione del grande capo dell'Image, l'illuminato Eric Stephenson, che in un accorato post parla di come sostenere le fumetterie in questo momento negli USA.

Non è il primo messaggio pro librerie specializzate da parte sua: evidentemente nel nuovo continente hanno maggior rispetto e cura del ruolo che queste hanno nel mercato:

Oggi mi ricordo quando non c'erano negozi di fumetti.
Trovare fumetti allora potrebbe essere una vera sfida.
Trovarli oggi, però, senza gli sforzi del mercato diretto per diffondere e far conocere le nostre pubblicazioni i lettori di tutto il mondo sarebbe quasi impossibile. (...)
 
Alla Image abbiamo già iniziato ad adottare delle contromisure:
- tutte le nostre nuove pubblicazioni pubblicate nei prossimi  prossimi 60 giorni saranno rendibili (fino al 5/18) e siamo pronti a estendere questa misura in base alle necessità;- Annulleremo tutte le pubblicazioni non essenziali come le ristampe;
- Offriremo la nostra consulenza a Diamond per valutare misure che possano mitigare l'impatto di questa crisi sui rivenditori minacciati dalla chiusura obbligatoria dei negozi;
- Da ieri, stiamo valutando come riprogrammare e scaglionare l'uscita dei nostri fumetti, delle raccolte in volume e delle graphic novel in modo da non ingolfare l mercato in un momento in cui rivenditori e consumatori sono alle prese con difficoltà finanziarie per un periodo di tempo indeterminato.
 
Lo facciamo perché amiamo i fumetti, adoriamo questo settore e riconosciamo il nostro posto nell'ecosistema su cui tutti facciamo affidamento per sopravvivere. 
Tuttavia, tutto ciò non è abbastanza.
(...) 
Sono consapevole che quando si tratta di adottare provvedimenti simili a quelli messi in pratica da l'Image  non tutti gli editori sono uguali e possono studiare provvedimenti in autonomia. L'Image non è di proprietà di una grande azienda né deve rendicontare il proprio operato agli azionisti. Ma al di là di tutto ciò, questo è un momento in cui tutti dobbiamo fare la nostra parte. So che per alcuni di voi ciò significa saltare attraverso molti cerchi, ma se c'è mai stato un tempo per farlo, quel momento è adesso.

Su iniziativa di Jpop, è stato fatto anche in Italia, ma solo per il mese di marzo, in modo episodico e con quasi tutte le novità slittate ad aprile.

E' paradossale. Da sempre le fumetterie chiedono il reso: perché sono librerie, e le librerie hanno il reso (e sconti molto simili, non credete a chi vi dice che c'è un abisso nelle condizioni commerciali medie dei due settori).

Non è il problema più grande, ma è la soluzione che sistemerebbe tanti problemi dei negozi specializzati. Semplificando, funziona così: il libraio acquista la merce, la paga regolarmente. Di quando in quando da indietro l'invenduto, ottenendo un credito da scalare dalle proprie fatture: come detto, nel settore librario è la regola, e, legalmente e merceologicamente parlando, la fumetteria è una libreria...

Nel mondo magico, divertente e burlone del fumetto, invece, il reso non c'è. Alcuni grossisti lo concedono in piccola percentuale e solo sui loro esclusivisti, oppure in modo episodico, ma non c'è una vera e propria regola generalizzata. Negli ultimi anni, per molte promo lancio di manga o serie nuove, è stato introdotto: come spesso è accaduto, l'apripista è stato Jpop.

Ma tutto il sistema continua a reggersi sulle fumetterie che comprano in conto assoluto: quando un editore dice di aver venduto 348 copie di un proprio fumetto, dovrebbe ammettere di averlo fatto ALLE FUMETTERIE, non al pubblico. Magari, la metà di quegli albi sono ancora sugli scaffali dei negozi, che non rischiano, non investono. E non possono crescere.

Si leggono molti commenti negativi da parte di diversi editori sull'operato delle fumetterie. Secondo una tesi molto in voga, tanti negozianti non ordinano che materiale su richiesta, snobbando albi che, in altri circuiti (sito dell'editore, fiere, librerie di varia) venderebbero tantissimo.
Il discorso è complesso, e meriterebbe ben altri spazi. Sono ben conscio del fatto che noi librai non siamo perfetti, anzi, il nostro operato è criticabile sotto molti punti di vista.

Ma, prima di fare una critica alle abitudini altrui, sarebbe necessario guardare alle proprie, che sicuramente sono più facili da correggere: i fattori che portano l'editore a ritenere che “in altri circuiti” si vende di più, sono legati a diversi elementi. La vendita diretta, spesso, avviene con scontistiche di vario tipo, che la fumetteria non può proporre. Negli appassionati si ingenera così l'abitudine ad acquistare presso il sito dell'editore o dell'autore, quando non, sempre presso gli stessi, in fiera. Al contempo, il negoziante, che non conosce tutto lo scibile del fumetto, si “abitua” a non ordinare cose del tale editore, vedendo che non le vende.

In fiera, poi, le cose sono totalmente diverse: anche nella manifestazione più piccola, passa molto più pubblico in un giorno che in negozio in un mese. E lo fa con l'intenzione di spendere, con un budget dedicato alla spesa fumettistica. In negozio no: il cliente entra, e va diretto a quello che vuole. E spesso si ferma a quello, passando oltre davanti ad offerte, cartelli. 

Ma il mercato delle fumetterie è ancora buono per i preordini: l'editore sa che quelle x copie, una volta ordinate, sono vendute. Non gli interessa promuoverle, o vedere se arrivano ad un cliente finale, invece di marcire in un negozio: sono “vendute” (traduzione: “FINE della mia attività di editore”). Tornando al discorso di prima, se ogni fumetteria ha in giacenza UNA copia di un volume, ci sono circa due-trecento di quei libri invenduti in giro per l'Italia: una enormità, con le tirature attuali. Ma una copia può essere “assortimento di magazzino”, fa"catalogo". Quando ne hai due o tre, e soprattutto sono in giacenza da anni, diventano “soldi bloccati”. Buttati.

Cosa c'entra il reso con le possibilità di crescita di una libreria a fumetti?
Un semplice esempio, con cifre assolutamente casuali.
Una fumetteria compra ogni mese diecimila euro di fumetti, e ne vende dodicimila.
Duemila è quindi il "guadagno" della vendita, da cui sottrae tasse, affitto e spese: diciamo mille euro.
Il guadagno vero, quindi, è di mille.
Se c'è un momento di difficoltà, il libraio agirà tagliando gli ordini "rischiosi".
Oggi come oggi, ai tempi del Covid19, li taglierà tutti.

Nei momenti di normalità, dovrà comunque investire sempre con oculatezza, rischiando il minimo, ma in quelli di crisi il piccolo azzardo può diventare una trappola, e passerà dal comprare ciò che presume di poter vendere, a ciò che è certo di vendere.

Sa bene che, se acquista per incrementare il magazzino, quella fetta di spesa va ad incidere sul suo utile, e che cammina su una linea sottile, non potendosi permettere rischi.

Se introduciamo nell'equazione il reso, ecco cosa cambia.

Il libraio, nel nostro mondo molto semplificato e con numeri assolutamente casuali, inizierà a rendere ad esempio mille euro di materiale al mese.
Il primo ed il secondo mese, il suo risultato sarà sempre lo stesso, perché la resa ha tempi tecnici, ma lui continuerà a rimandare indietro sempre la stessa cifra.

Ad un certo punto, tutto cambierà: ai dodicimila di vendite, sottrarrà quanto deve al distributore/grossista, ovvero i soliti diecimila euro MENO, però, i mille euro di note credito per il reso. Passerà, quindi, dal guadagnare mille euro (duemila meno tasse e spese) al doppio, duemila (tremila lordi, meno tasse e spese): contento, spenderà in vacanze, droghe e gadgets costosissimi per la sua vita privata. Oppure, si chiederà come può migliorare la propria condizione lavorativa, visto che ora ha dei soldi da investire e far fruttare.

Potrebbe prendere titoli che giudica buoni e vendibili, che magari conosce, ma che non ha mai tenuto perché non aveva il reso. Incrementare le quantità dei preordini, visto che gli secca che quei titoli che vendono di più finiscano velocemente e vengano riassortiti dai fornitori con settimane di ritardo.
Potrà organizzare incontri con autori, rinnovare il negozio (mobili, allestimenti), potrà fare pubblicità. Il tutto con oculatezza, perché non è che il reso ti paga le bollette e lo stipendio: ma ti permette di rimettere quei soldi nel "sistema fumetto".

Utilizzando questo sistema, il libraio ha la possibilità di far ruotare il magazzino, e di far rientrare parte del capitale speso ed immobilizzato.
Perché, ricordiamolo: se ogni anno aumentiamo ciò che abbiamo in magazzino, non facciamo altro che trasformare parte del nostro utile in merce, che al momento non possiamo rendere.


Discorso semplice e lineare. Perché, quindi, non abbiamo il reso?
Perché ci sono dei costi? Ma se gli sconti che abbiamo sono simili a quelli delle librerie di varia, al massimo si parla di due o tre punti in più di media, quale è il vantaggio nel sistema di vendita delle fumetterie?
Negli USA non c'è reso, ma gli sconti sono (molto) più alti.
A vederla così, sembra quasi che tutto vada a vantaggio del grossista/editore.
O no?



Il mancato reso genera danni al sistema, perché il materiale in eccedenza deve essere smaltito, e questo genererà svendite e quindi perdite e scontento (uguale: sfiducia verso quel materiale o quell'editore) e alla fine mancate vendite: i suoi costi sono la scusa principale per la mancata concessione.

E per questo, il sistema è sbagliato: perché porta danno a tutti.

Il reso permetterebbe di riassorbile le copie invendute: e l'editore non può non darlo, proprio per motivi "ideologici", visto che sarebbe come dire che non crede nei propri prodotti. L'unica barriera è quella economica: il "costo del reso". Come superarla?

E SE I COSTI LI PAGASSE LA LIBRERIA?
Se la libreria si offrisse di rinunciare a un X% del prezzo di cover, MA SOLO PER QUELLO CHE RENDE?

Così, il costo verrebbe pagato solo su quello effettivamente reso, ed il libraio avrebbe si il suo margine, ma anche un piccolo paracadute, che gli farebbe perdere dei soldi (renderebbe perdendo comunque parte di quanto pagato all'inizio), ma gli permetterebbe di rientrare di parte dell'esborso iniziale, SENZA FARE SVENDITE, che danneggiano il sistema senza che ci sia un effettivo beneficio per nessuno. Anzi, come abbiamo visto, scontentando tutti.

"Sarebbe bello, su questo, avere un confronto", dicevamo anni fa.
Alla luce di quanto sta succedendo in tutto il mondo, del reso concesso negli USA, del blocco totale del mondo del fumetto, del rinvio - che in molti casi diventerà cancellazione - di tutte le fiere di settore di marzo e aprile, penso si possa dire che il reso potrebbe essere l'unica strategia commerciale in grado di risollevare il mondo del fumetto in questo momento.

Se non altro, l'unica risposta chiara, decisa e convincente per far riprendere le fumetterie a ordinare.
Chissà dove ci porterà questa crisi...

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