mercoledì 18 gennaio 2017

Terremoto: quando il panico fa paura

Stamattina la terra ha tremato di nuovo, a Terni.
Forte, molto forte.
Ero in giro per lavoro, non ho sentito le prime scosse: ma le persone sono uscite per strada, gli allarmi hanno suonato. Le linee telefoniche non funzionavano più.

Improvvisamente, i gruppi Whattsapp - immancabili ed imprescindibili - cui DEVI essere iscritto sei hai un figlio in qualunque scuola o asilo, hanno cominciato a riempirsi di messaggi.
Bisognava, assolutamente, andare a prendere i propri figli.

Girando per la città, scene di panico: strade intasate, scuole evacuate, bambini per strada, al freddo. 
Da quello che ho visto, e dai racconti che ho sentito, ho avuto una certa paura: perché nonostante il terremoto qui non sia e non possa essere una emergenza, ogni scossa viene avvertita con paura. E scatta il panico.




Riprova ne è questa comunicazione:


L’attività didattica delle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado del territorio comunale, compresa l’alta formazione, è sospesa sino a sabato 21 gennaio compreso. Le lezioni quindi, salvo diverse disposizioni, riprenderanno lunedì 23 gennaio. Il Comune di Terni ha predisposto un’ordinanza in tal senso. 
Segreteria didattica

Girando stamattina per il centro, ho visto diverse scuole ed asili, oltre a quelli dei miei figli.
Diciamocelo: era facilissimo entrare: quasi dappertutto, le norme di sicurezza erano totalmente saltate.
Una scossa, per carità, forte, ma che non ha fatto alcun danno in zona, e la città è in ginocchio: traffico paralizzato, genitori costretti ad andare a prendere i figli.

Gli unici a comportarsi bene, sono stati i bambini: nella classe di mia figlia, prima elementare, non hanno sentito il terremoto, ma all'allarme, da soli, si sono messi sotto i banchi.
Io ho avvertito solo due scosse: una, mentre ero in giro, che ha fatto tremare rumorosamente i vetri di un palazzo. La seconda, al pomeriggio, quando ero da solo nel negozio chiuso.
Spaventose, per carità, ma non "da panico".

Invece la città è stata messa in ginocchio.
Scuole chiuse, oggi e per i due giorni successivi.
E mi chiedo perché: danni evidenti non ce ne sono stati. Le scuole sono a norma? Ti prendi il resto della giornata di oggi per fare un sopralluogo, e via, si continua.
Le scuole non sono a norma? Allora, in questo secondo caso, hai ragione ad aver paura, ed è giusto chiuderle. Ma non per due giorni: finché non saranno COMPLETAMENTE in regola.

Perché il terremoto è imprevedibile: non basta chiudere appena passata la prima scossa, perché magari si ripresenta una settimana o un mese dopo: le regole probabilistiche valgono poco.

Ma se pretendiamo che un negozio, una festa, un locale, rispettino le norme di sicurezza per poche persone, e lo facciamo spesso richiedendo certificazioni costose, talvolta eccessive, ma evidentemente doverose, se previste, quanto di più dobbiamo esigere per palazzine nelle quali si trovano centinaia, migliaia di bambini?

O la verità, forse, è che nessuno o quasi degli edifici scolastici è in regola?
O, se lo è, non è SICURO?

Ho letto in giro, una opinione che spesso esce col terremoto. In passato, avevo ragionato anche io in questi termini: ricostruire altrove. Spendere il denaro pubblico, abbandonando le zone sismiche, per portare chi le abita in aree sicure.

Fermo restando che è l'Italia, in gran parte, a non essere sicura, e la riprova è che il terremoto si è sentito anche a Roma, mi chiedo come dovrebbe avvenire questa operazione. Mano a mano che gli edifici crollano, si rifanno in un'altra parte di Italia, spostando famiglie, quartieri. Chi rimane, un po' per volta, vede la città diventare una ghost town, come nel far west.
E ad ogni scossa, si chiede quando toccherà a lui.

E mi domando: e chi ha investito nel territorio, realizzando costruzioni sicure? Deve essere premiato ritrovandosi a vivere nel deserto?
Inoltre: siamo sicuri che sia fattibile, vedendo quanto sono estese le zone "rosse" nel nostro paese?

Ma, per finire: non è più facile ricostruire BENE?
Non "come prima".
Non accettando le solite logiche mafiose da spartizione.
Ma facendo come in zone molto più sismiche rispetto all'Italia, dove vivono situazioni anche più pericolose, ma con la certezza di aver fatto il massimo, per la sicurezza.

E, sicuramente, non chiudono le scuole dopo ogni scossa, per giorni o settimane.
E, magari, sanno vivere la paura senza finire nel panico.

2 commenti:

  1. Discorso complesso, e forse impossibile per chi non vive in quelle aree.
    Provo comunque ad esprimere un'opinione per quel che conta, anche abitando a Milano posto "sicuro" per quanto le disgrazie siano imprevedibili.

    Per prima cosa dire che come sempre non si può dividere tra nero e bianco, spostare tutta l'Italia a rischio in altre zone è ovviamente impossibile, per motivi evidenti, economici e non.
    Però occorre anche valutare i rischi zona per zona ed è probabile che alcune di queste sia meno conveniente (e più rischioso) tenerle in loco anche ricostruendo che spostare attività e abitazioni in posti anche relativamente vicini, magari sempre a rischio ma entro margini accettabili.

    Ricostruire "a norma", "antisismico" e altro è naturalmente giusto, anzi è doveroso, ancor di più nel 21° secolo, ma deve essere sempre chiaro che con certi rischi si convive.
    In Giappone, paese portato spesso d'esempio, con i terremoti convivono, il che significa che non sono certi di scamparla sempre "solo" perchè si costruisce in un certo modo, o ancor di più non vivono con la certezza di avere abitazioni "inattaccabili", quel che fanno (illegalità a parte, che esistono anche da loro) è ridurre i rischi per quanto possibile.
    Puntare cioè ad un'abitazione che quando è soggetta alla scossa non ti crolli addosso, ti salvi la vita ma che non sia per questo immune da lesioni e anche dalla successiva inagibilità.
    Certo la vita prima di tutto, ma anche l'idea che ad ogni terremoto si debba ristrutturare l'abitazione o abbatterla e ricostruirla perchè resiste alla prevedibile scossa successiva non è che sia un bel modo di vivere.
    Tra l'altro, come si è visto in questi mesi, possono esserci diversi fenomeni attivi distanti uno dall'altro ma racchiusi nell'arco di periodi.
    Se un'abitazione resiste alla prima serie di scosse ma si lesiona potrebbe non resistere ad una seconda mesi dopo, e il proprietario cosa dovrebbe fare per evitarlo se non andarsene altrove ?

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    1. concordo in linea di massima. ma tra l'avere una abitazione che crolla ogni volta - e ogni volta può essere ogni qualche decina di anni - ed abitare in una casa di 100 anni fa, sicura come la casa di paglia dei tre porcellini, ce ne passa, no? almeno, in quanto a sicurezza, facciamo la nostra parte... Anche perché, spostarci tutti dalle zone rischiose, implicherebbe lasciare una gran parte d'italia...

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