lunedì 26 novembre 2012

Diventare una libreria vera... (200 post!)

Per chi si fosse messo in collegamento solo ora, qui e qui avevamo parlato di come aprire - o, forse, di come fosse meglio NON aprire! - una fumetteria, mentre qui avevamo fatto un post "definitivo" sul reso, dimostrando con semplici ragionamenti come questa pratica potesse essere una svolta, economica e professionale, per una qualsiasi attività libraria.
Festeggiamo ora il duecentesimo post di questo blog, parlando di come si può, per magia, trasformare una fumetteria in un libreria "vera".



Anni fa, Bryan Talbot mi parlò di "Page 45", una libreria inglese che ha una filosofia semplice.

Dal loro sito: "Page 45 is a comic shop whose goal has always been simple: to bring the widest range of quality comics and graphic novels available into contact with as many new people as possible, and to do so with a warmth, honesty and informed eloquence in a relaxed, welcoming and professional environment.
To recreate the European model which has meant that comics and their creators there have always been received with the respect they deserve and the sales to accompany it."
(Non traduco, perché se lo capisco io ritengo possano farlo tutti...)
L'obiettivo è semplice: quante persone leggono regolarmente? Invento una percentuale ottimistica: venti su cento. E quante fumetti (sempre "regolarmente")? Sempre ottimista: cinque su cento.
Ecco: perché rivolgersi a quei cinque, quando ci sono altri quindici lettori? E... perché non puntare anche agli altri ottanta? Se un giocatore di Assassin's Creed, un fan dell'anime di Naruto o del film di Capitan America possono appassionarsi alla lettura di un libro o fumetto collegato a questi personaggi, è così impossibile pensare di "portarli" su altre letture? O, addirittura, pensare che chiunque può leggere  un libro o fumetto?

Da qui, anche discorsi portati avanti con dei colleghi librai: fermo restando quello che il cliente chiede e prenota, perché non tagliare le tante cose che si prendono solo per l'esposizione, e puntare su un tipo di fumetto che attiri il lettore? Perché, diciamocelo: su cento manga che escono al mese, togli i best seller, togli quelli vendibili, ne rimangono una certa percentuale che nessuno si fila, che uno prende per "tenerli" e che, magari, ogni tanto, qualcuno si piglia. Ma vale la pena comprare centinaia e migliaia di volumi per riuscire a sbolognarseli dopo un anno (ad andare bene)? Volendo fare i conti della serva: un volume di Zerocalcare costa 16 euro, Naruto 4,20. Ovvero: quattro a uno, come rapporto.

Ma, direte, sono entrambi fenomeni di vendite.
Facendo un esempio più normale, ogni volume che si vende, vale dai tre ai quattro manga che non si vendono. Con la differenza che il manga -generalmente- non ha reso, mentre trovi parecchi editori o distributori che danno questa possibilità sui propri prodotti: Bao, Tunue, Rizzoli/Lizard, solo per citare i primi che mi vengono in mente.
Contrappongo il "volume" o "graphic novel" al manga perché sono due prodotti agli antipodi, ma lo stesso può valere per super-eroi o altri generi, con la differenza che il fumetto USA fidelizza maggiormente rispetto a quello orientale, e facilmente porta il lettore ad appassionarsi alle vicende di altri personaggi, per poi magari passare a generi più adulti, magari alla Vertigo o a linee meno "commerciali".

Il problema di fondo è che le tipologie di materiale trattato dalla fumetteria media, allontanano il lettore occasionale, che vede il fumetto come parte di una realtà "strana" che magari "si, da piccolo li leggevo", ma "ora non ci entro nemmeno". Ricordo mogli o fidanzate parlare di "puzza di palestra" (ehi: non nel MIO negozio!!) o di sentir loro dire che mai erano entrate in quella che ora è la mia libreria (appunto!) quando prima c'era una ludoteca, per via delle frequentazioni e dell'ambiente. Lasciamo stare la puzza sotto il naso che molti hanno: ma avrebbero detto lo stesso della Feltrinelli a cento metri dalla mia attività?

La verità è questa: molte delle nostre librerie nascono da semplice passione, e così continuano, senza strategia, promozione o piani di sviluppo. Puntando sul prodotto del momento, ramen, costumi per cosplayer, e non sulla qualità delle letture, finalizzata alla commercializzazione delle stesse.
E il sistema non aiuta: i distributori spesso non hanno siti decenti (se non erro non ce ne è uno che ti permetta di ordinare usando... i codici a barre!), non ti informano (preferiscono mandare news ai siti informativi che ai librai), ti nascondono promozioni, magari qualche possibilità di reso. Ti chiedono solo una cosa: ordina di più. Non: "ordina quello che puoi vendere più qualcosa da esporre". No. "Di più". "Di più" di quello che hai già ordinato, delle tue capacità di assorbimento. Di un rischio ragionevole. "Di più".

Alla fine, dobbiamo essere noi librai a decidere cosa vogliamo vendere.
Ci sono prodotti che "si vendono da soli", e prodotti che ci vengono richiesti dai clienti. Andando oltre questi due paletti, ricordiamoci che NOI rischiamo, e NOI dobbiamo prenderci la responsabilità di quello che vogliamo vendere, e quindi comprare. Alla fine, come è giusto, i principali responsabili delle nostre fortune, come di un eventuale - e sempre possibile - fallimento, siamo noi.
Dobbiamo essere noi, a costruire "ali più solide".


Non sono mai stato sicuro che la morale della storia di Icaro dovesse essere: “Non tentare di volare troppo in alto”, come viene intesa in genere, e mi sono chiesto se non si potesse interpretarla invece in un modo diverso: “Dimentica la cera e le piume, e costruisci ali più solide”. (Stanley Kubrick)



Ps: 200 post! Un grazie a chi ci legge: e siete tanti, viste le tematiche spesso tecniche, e gli sproloqui. Un grazie a chi ci commenta, ci incoraggia, ci critica e ci pungola. E chi ci ignora, perché tanto esistiamo ugualmente.
Grazie ancora!

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