sabato 18 agosto 2012

Le sabbie piatte e solitarie di Peter David


In passato abbiamo già parlato di Peter David, soprattuto di quella splendida saga che è stata quella de La morte di Jean Dewolff.
Ma stavolta parliamo del top, ovvero il miglior ciclo di storie mai pubblicato dalla Marvel, culminato con la storia più bella mai prodotta dal colosso americano: si parla di
HULK!

Gli anni ottanta avevano superato la prima metà, e la serie di Hulk era veramente brutta: allora non si usava l'espediente di ripartire dal numero uno ad ogni folata di vento, ma si puntava sugli autori (più o meno bravi) e sulle idee (belle o brutte). Non c'erano copertine truccate, al massimo qualche morte clamorosa, che di solito era definitiva (salvo riesumazioni dopo dieci o venti anni...).
Ma la serie di Hulk era -ripeto, perché giova- veramente brutta e lo era sin dall'inizio, visto che una volta sviscerato il dualismo Hulk/Banner, era rimasto ben poco di cui parlare. Hulk era troppo potente: si era provato ad esiliarlo in altri mondi, a togliergli la mente, a dargli l'intelletto di Banner. Niente aveva funzionato, non a lungo almeno.
Nella sua breve permanenza sulla serie, quel geniaccio di John Byrne aveva fatto sposare Banner e Betty Ross, eliminando anche il triangolo amoroso che prima si era creato con il militare Glenn Talbot.
Insomma: le idee erano poche, e soprattutto non funzionavano. Il personaggio non sembrava potersi sviluppare.
Poi arrivò Peter David.
Nella sua ultradecennale gestione del Golia Verde (The Incredible Hulk 331/467, oltre a svariati Annual), lo scrittore ha preso il personaggio, portandolo ad essere prima un fuggitivo, grigio, furbo e spietato, quindi un buttafuori (!) a Las Vegas, eliminando Banner. Ci ha poi dato una fantastica ed azzeccata spiegazione psicanalitica del perché dell'esistenza di Hulk, sia grigio che verde; ha fuso le varie personalità, inventando un "nuovo" Hulk, intelligente, razionale e capace di essere un leader.
Per poi... disfare tutto, tornare ad un personaggio selvaggio ed incontrollabile.
Ha avuto disegnatori un po' di nicchia, come Jeff Purves, ma anche superstar come Todd McFarlane, Dale Keown, Gary Frank, Adam Kubert, per non parlare di un buon Liam Sharp e di un Mike Deodato Jr un po' sottotono... Tutto questo, senza mai ripartire dal numero 1, con pochissime copertine variant, e nessun evento ad effetto.
L'Hulk di Peter David è stato, per quasi un decennio, tra il numero 25 e 40 della top 100 USA, ha lottato -per il premio di miglior scrittore- con il Sandman di Gaiman. I disegnatori sopra citati, sono divenute delle superstar proprio grazie al loro periodo su questa serie.

Senza timore di passarmene, ritengo il ciclo di questo scrittore su HULK la più bella run Marvel di tutti i tempi. E, come detto all'inizio, la storia conclusiva è la più bella storia Marvel di sempre, nella quale Hulk si vede costretto ad affrontare le conseguenze di un lutto, nei ricordi di un Rick Jones oramai vecchio (alternativo?) che, a nome dello scrittore, racconta il futuro del personaggio, quello che sarebbe potuto essere e, purtroppo, non è stato. Banner/Hulk si trova, quindi, a fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni, con la sua psiche devastata, con la perdita di ciò che ha di più caro, come i resti del gigante sulle "sabbie piatte e solitarie" della poesia di Shelley citate dal titolo della storia.

Per leggere tutto questo ben di Dio, in Italia: Fantastici Quattro (Star Comics) dal 44 al 114. Una parentesi: visti i nomi degli autori che sono passati su questa serie (FQ di Byrne; Devil di Miller e poi Nocenti/Romita JR/Weeks; appunto, Hulk di Byrne prima e Peter David poi), direi che si può tranquillamente dire che è la miglior testata Marvel in Italia di sempre. A seguire, Devil & Hulk 1/62.

Sperando che, prima o poi, Panini Comics si decida a farne una bella raccolta completa, come per l'X-Force di Milligan...

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