mercoledì 2 maggio 2018

Il mio primo maggio al Comicon

Come al solito, il primo maggio per il sottoscritto e tutti i colleghi che fanno le stesse scelte, significa lavorare al Napoli Comicon. Ieri in particolare: ultimo giorno di fiera, ed orario che recitava "dalle 9 alle 4": ovvero dalle 9 del primo alle 4 della mattina successiva, includendo disallestimento, viaggio e una capatina in negozio per preparare il lavoro del giorno dopo.

Non mi sto lamentando, sia chiaro: sono scelte.
E penso che sia anche bello "sacrificare" questa festa significativa, stando coi propri colleghi, parlando anche di problemi e condividendo idee e pensieri.

Ve ne riporto qualcuno.


La fiera è un momento per vendere. E per presentarsi.
Mentre il primo aspetto interessa più i negozianti, gli editori e i distributori sfruttano le grandi manifestazioni per farsi conoscere e lanciare prodotti: sarebbe grave, nella loro ottica, non esser presenti.

Per questo, però, fanno a gara a chi prende stand maggiori: spazi sempre più grandi, quando non vere e proprie tensostrutture dedicate solo ad un soggetto, un po' come a Lucca. Questo aspetto genera costi maggiori: più spazio, più personale, autori, più risorse per trasportare ed allestire gli stand: una escalation dei costi che viene coperta cercando di vendere quanto più possibile. Novità in anteprima, addirittura l'intero catalogo degli arretrati.

Tutto questo, a scapito dei negozianti: ogni copia venduta in fiera, a meno che non sia stata data ad un un nuovo lettore "creato" con la promozione o con l'autore presente - ed è questa l'attività che dovrebbero svolgere editori e distributori! - viene tolta alle librerie: una emorragia di soldi e risorse che non crea nulla, perché serve solo a coprire le spese della fiera, togliendo fatturato ai negozi.

Chiariamolo: molti editori e distributori non guadagnano dalla fiera, o lo fanno pochissimo rispetto alle risorse investite. Il perché è chiaro: esserci può costare anche venti, trenta o quarantamila euro! Quanto è necessario incassare anche solo per pareggiare?
E, a detta di diversi di loro, spesso è proprio questa la difficoltà!

Non sarebbe più facile essere in fiera solo per presentare qualche novità e portare gli autori, con uno spazio ben fatto ma contenuto, lasciando la vendita del catalogo ai negozi? I quali, non so se ve ne siete accorti, stanno sempre di più abbandonando le manifestazioni, e se ci sono non vendono fumetti nuovi, ma passano ad offerte, gadgets, se non inventandosi qualche idea originale per sopravvivere e rendere lo stand diverso ed unico. Hai voglia di far fiere portando One Piece, L'Attacco dei Giganti o Tokyo Ghoul, quando ci sono decine e decine di concorrenti che fanno altrettanto!

In realtà si chiama rispetto: rispetto dei ruoli e delle professionalità. I nostri fornitori non ne sono provvisti: essendo loro stessi i primi a non avere quest'ultima - fino dai vertici - sono incapaci di valutare quella altrui. Ho dei colleghi che stimo, e da cui ho imparato molto, che hanno una altissima professionalità: in altri paesi, con sistemi lavorativi più equi, o con altri imprenditori nel settore (veri, non come molti dei nostri) probabilmente sarebbero in grado di gestire editori o distributori, magari anche qualche grande manifestazione. Il tutto perché hanno esperienza e capacità.

Cosa che non succede ai nostri fornitori: che cambiano dipendenti, non li valutano, non sanno pagarli, valorizzarli. Anzi, diciamocelo: talvolta manco li pagano, salvo lodarli quando ci lasciano le penne!

Mancanza di rispetto: la cosa più grave, la colpa maggiore di chi sta "sopra" alle fumetterie.
Altrimenti non verrebbero a portare il loro catalogo in fiera, a fare sconti, a presentare decine di novità - guarda caso quelle più forti! - prima contemporaneamente (cambia poco) all'uscita nei negozi, o a proporre l'ennesimo allegato editoriale che contiene, a costo minore e con un grande battage pubblicitario, materiale da poco pubblicato in libreria ma con costi maggiori e... senza reso!

Concetti che sono semplici, elementari: qualsiasi operatore del settore le ammette. Chiunque lavori in ambiti limitrofi rispetto al nostro, li trova assurdi: eppure non si fa niente per cambiarli!

Il tutto, condito da un continuo riferimento da parte degli autori e degli editori al sistema delle librerie di varia, più bello, più pulito, più organizzato: realtà tanto appetibili, quando irrisorie, come vendite, rispetto alle fumetterie, che sono quelle che sostengono, col loro comprare senza poter rendere, col sistema dei preordini, con delle scontistiche spesso ridicole se proporzionate al rischio, l'intero baraccone del fumetto.

Cambiare questo sistema, rovesciare il tavolo, sarebbe un vero modo per non morire lentamente.
E per dare giusta dignità al nostro lavoro.

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