Spedisco pacchi, per lavoro, da tredici anni.
Dal 2006 mi rivolgo ad un corriere, ma fino ad allora, e comunque - in parte - ancora oggi, mi sono dovuto servire da Poste Italiane.
E sempre con un po' di disappunto.
Disappunto e fastidio.
Perché, essenzialmente, l'atteggiamento delle Poste, di chi lavora per loro, è quello di trattarti come un numero, con zero interesse per quello che fai, spendi o proponi. E, spesso, senza avere il buon gusto di far si che i tuoi dipendenti conoscano servizi e tariffe. Se volete perdere mezza giornata, girate una decina di uffici postali, e vedete quanti conoscono il
piego di libro, ultimo residuato di una vecchissima ma utilissima tariffa che permette di spedire a prezzi contenutissimi (ed è, chissà perché, introvabile anche sul sito delle poste, anche se ESISTE). La risposta più bella che ho sentito, alcune settimane fa, e che raccontata in giro ha fatto ridere di gusto anche diversi dipendenti delle stesse Poste, è che "Si fa a discrezione dell'ufficio postale". "Ovvero?" ho chiesto. La risposta: "Ogni ufficio decide se accettarla o meno". Sic.
Negli ultimi dieci anni il servizio si è modernizzato e velocizzato, ma i costi sono lievitati in modo più che proporzionale. Oggi, in tutto il mondo, grazie ad internet essenzialmente, si spedisce tantissimo. Ma, mentre all'estero è facile trovare - anche su piccoli siti - possibilità di spedizioni internazionali gratuite, provate voi a mandare un plico fuori dall'Italia: costi alti, assurdamente alti. Soprattutto, a fronte - dicevamo - di una netta espansione del commercio elettronico, che dovrebbe essere sostenuta in ben altro modo.
Se è giusto che si paghi, per mandare un pacco veloce, tracciato, assicurato, che parta ORA e tra ventiquattro ore al massimo sia su un monte sconosciuto della Nuova Zelanda, è anche equo che, per spedire qualche kg di merce di modesto valore, senza fretta, senza assicurazione, si possa spendere poco. Ed essere apprezzabilmente certi che questo arrivi.
Ma questo non è il ragionamento delle Poste Italiane: quando ti presentano un servizio, ultraveloce, ultraccessioriato, ultratantealtrecose, loro lo fanno con la sicumera di offrirti un prodotto che vale, e per questo costa. Come a dire: c'è lo Smartphone da seicento euro, perché dovresti volere un cellulare che serve SOLO per telefonare, e costa trenta euro? Per telefonare E BASTA, dirà qualcuno...?
Beh: a nessuno interessa che tu telefoni (e magari pure poco!) E BASTA!
Per questo le Poste si sono allontanate dall'essere
un servizio vicino a chi lavora. Per questo, e per la loro continua necessità di proposti carte, prodotti finanziari, schede telefonici, prodotti vari (libri, orologi, dvd)...
Dal 2006 mi servo da un corriere, dicevo, e mi trovo bene.
Bene perché errori, casini e ritardi, capitano, ma molto meno e, soprattutto, ho degli interlocutori, a livello locale, in gamba, veloci, svegli ed interessati, che sanno risolvere i problemi appena gli telefoni (e su un cellulare, evitando centralini e numeri verdi). Per dirla tutta, ho la possibilità, se c'è una urgenza, di fare un pacco alle 16, farmelo ritirare senza preavviso, e vederlo recapitare il giorno dopo.
E se bucano una consegna al venerdì, me la portano in negozio il sabato...
Mica male.
Ma il servizio offerto da Poste e corrieri vari, continua ad essere inaffidabile, in proporzione ai costi, e costoso, se si punta a diffondere le vendite internettiane. I grandi siti hanno dei contratti con costi molto, ma molto, contenuti, che permettono loro di poter offrire, spesso, spese di spedizioni gratuite.
Così, tutti gli altri non possono permettersi di lavorare.
Un sito di piccole dimensioni, che faccia cento (non sono poche) spedizioni da cinquanta euro di merce al mese, ove offrisse spedizioni gratuite e uno sconto del 10%, verrebbe a guadagnare seicentocinquanta euro (calcolo effettuato con un margine medio del 35% e spese di spedizione di sette euro). Ovvero: il 13% dell'investimento.
Senza considerare costi legati al sito, al reperimento ed all'inserimento della merce sullo stesso, alla gestione degli ordini. E, da non sottovalutare, al tempo: cento spedizioni al mese, sono cinque al giorno di media: non poco per un negozio che, evidentemente, ha anche altro da fare.
Una nota, poi, per la gestione delle raccomandate da parte delle Poste.
Le raccomandate sono essenziali per le comunicazioni legali. Multe, lettere di avvocati o da parte di qualche ente. Nel paese che non usa la posta elettronica, nel quale l'obbligatoria posta certificata è una bufala, serve poterle ricevere e mandare con una certa celerità e sicurezza dell'arrivo.
Ebbene: oltre a farne lievitare notevolmente il costo negli ultimi anni, da un po' hanno avuto la bella pensata di centralizzarne la consegna. In tutte le città, tutti i pacchi, le raccomandate e la corrispondenza in generale, vengono - dopo la tentata consegna - depositati in un unico ufficio, e lì devono essere necessariamente, ritirati.
Puoi chiedere - per alcune tipologie - una consegna concordata ed a pagamento (anche la giacenza oltre i cinque giorni ha dei costi, of course!), ma solo all'indirizzo al quale era destinata la prima volta. Quindi, se ti arriva l'avviso a casa, non puoi fartela portare al lavoro...
Una settimana fa mi è arrivata una raccomandata: in sette giorni sono andato DUE volte a ritirarla, attraversando la città, che per fortuna è piccola (pensate a chi vive a Roma...).
C'era una fila ASSURDA, di almeno un'ora.
Come puoi fare per ritirarla, visto che ognuno di noi ha un lavoro e gli orari nei quali gli uffici sono aperti, spesso, coincidono con quelli del proprio impiego?