In merito a quanto successo un paio di giorni fa, ieri è arrivata la risposta - chiamiamola così - del Corriere della Sera. Seppellita all'interno del giornale, in un trafiletto.
Corriere della Sera del 16 gennaio 2015, pag. 9 |
-Intanto: il RICAVATO dalla vendita, o i PROVENTI, come detto in precedenza?
Non è una mera questione lessicale: le parole pesano, soprattutto quando si tratta di beneficenza.
Ma non approfondiamo: in questo ambito, è un dettaglio, anche se serve per chiarire la confusione nella quale è stata partorita l'iniziativa...
-"Alcuni degli autori, che non eravamo riusciti ad avvisare prima della pubblicazione e che quindi non hanno potuto autorizzarla"...
Un attimo: autorizzare questa pubblicazione, era un optional? Come a dire: io la faccio. Se tu mi autorizzi bene... se non riesci a farlo - e magari non avresti voluto, come tuo diritto - io me ne frego...
-"... hanno reagito duramente. Molti altri ci hanno ringraziato per l'iniziativa".
Qui c'è la contrapposizione: l'avvisato, che ringrazia, alcuni dei non avvisati, che si incazzano.
Parallelo: chi ringrazia, buono, chi si incazza, cattivo, perché si oppone ad una iniziativa sacrosanta e benefica.
Che differenza c'è, per un grande giornale con grandi mezzi, tra avvisare dieci, cento o duecento persone? E' più difficile che scaricare immagini? Mentre sei sul profilo Facebook di un autore, non puoi contestualmente scrivergli?
-"Abbiamo pensato che l'eccezionalità della situazione, il fatto che l'iniziativa avesse uno scopo solidale e che il giornale non ricavasse nulla bastassero a fugare ogni sospetto".
No. Non bastano.
Nascondersi dietro la beneficenza, è vile ed oltraggioso per chi è morto per la libertà di stampa.
Avete, voi giornalisti o presunti tali, violato il diritto per il quale alcuni colleghi sono morti.
E per sostenere il quale, avete pubblicato questo libro!
-"Ci siamo detti disponibili a regolare ex post ogni contenzioso".
Secondo me, c'era un unico modo, che avrebbe messo tutto a tacere: pubblicare un breve editoriale, sul Corriere, dal titolo "Ci scusiamo", con una sorta di resa incondizionata alle accuse degli autori. Sarebbe stato saggio, elegante. Giusto.
Invece ci si è nascosti dietro la beneficenza: ma quale era questa fretta, che tra l'altro ha prodotto un volume di scarsissima resa grafica? Pubblicarlo una o due settimane dopo, avrebbe cambiato qualcosa?
Spero, davvero, che gli autori sappiano andare fino in fondo.
Non necessariamente per vie legali: magari pretendendo spiegazioni e scuse vere.
Ma l'articolo di ieri, complica tutto.
Non voglio parlare a nome di una categoria della quale non faccio parte e non rappresento: ma questa storia mi ricorda moltissimo quello che successe al salone del Libro/Torino Comics nel 2007.
All'epoca, a fronte di una offerta (ridicola) da parte dell'organizzazione di uno sconto sullo stand dell'anno successivo, ottenuta dopo una lunga trattativa, alcuni adirono le vie legali.
Ci fu una vera sollevazione, che portò, se non altro, una cattiva pubblicità alla manifestazione (parlo di Torino Comics), che ancora non si è ripresa, visto che ha perso consensi ed espositori.
Insomma: almeno allora, l'unione fece la forza.
Ora aspettiamo e vediamo se da propositi tanto alti, come la difesa della libertà di stampa, verrà qualcosa di buono, o finirà tutto a tarallucci e vino...
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